mercoledì 29 maggio 2013

Chirurgia notturna

C'è un punto nelle notti insonni come questa
in cui giusto e sbagliato perdono qualunque tipo di valore.
Ogni pensiero intorpidito, bellissimo o terrificante, ha tutto il diritto di essere.
Il "se poi" è un affare della mattina dopo.

C'è un punto nelle notti insonni come questa
in cui dietrologie e immaginate situazioni alternative annebbiano i confini tra desideri veri e pure fantasie.
Se poi sarà terreno fertile del dubbio, riguarderà il più tardi, dopo il caffè giù al bar.

C'è un punto nelle notti insonni come questa
in cui sarebbe meglio che dormissi invece di cercare vanamente qualche frase interessante con cui concludere un vaneggiamento nato dal bioritmo difettoso.
Se poi non chiuderò occhio sarà compito della correzioneautomatica e di quel fondotinta benedetto salvarmi in calcio d'angolo, almeno in parte.

C'è un punto nelle notti insonni come questa
in cui tra un ripensamento e un altro mi rendo conto che vorrei cambiare alcuni fatti,
vorrei ritracciare il percorso degli eventi, vorrei il potere di modifica retroattiva.
Oppure un intervento drastico e significativo.
Sotto i ferri di questa notte insonne che si è fatta mattina
vorrei rifarmi il senno di poi.

lunedì 27 maggio 2013

Questa è per te, attento che scotta.

Sono una ragazza complessa, complessata no, magari complicata a volte.
Per questo mi piacciono le cose semplici.
Semplici come le torte, come i dolci, che sono sempre il regalo giusto quando sai che vuoi dire ma non sai tanto bene come.

La settimana scorsa ho fatto dei biscotti.
Li ho fatti per te.
Impastavo e pensavo a cosa avrei detto nel darteli.
Stesa la pasta, tagliando con le formine, cercavo un pretesto, una cosa divertente da dirti.
Li ho guardati indorarsi dal vetro del forno e quando la casa si è riempita di buono ho pensato che è quel sapore lì che devono avere i tuoi baci.
Il timer ha suonato, li ho fatti freddare, li ho messi in un vassoino
e non te li ho dati.
Li ho lasciati alla vicina di casa, è sempre gentile, poi magari è una serialkiller che colleziona bulbi oculari umani sotto formalina, ma non me lo sarei mai aspettato.

Due giorni fa ho fatto un altro tentativo, una specie di crostata di mele.
L'ho fatta con una ricetta nuova, diversa, d'oltreoceano.
Infatti sopra è coperta di pasta, le mele sono una sorpresa che trovi dentro.
Ci ho messo la cannella perché mi piace, a te non so.
Mi sentivo biancaneve, ma il bordino l'ho fatto con la forchetta, va bene lo stesso?
Credo di sì- ho pensato e l'ho messa un quarto d'ora a duecento e mezz'ora a centottanta.
E dopo un po' il profumo della cannella è arrivato anche a quel vicino di giardino che da due anni suonacchia la tromba.
E allora ho cominciato a pensare che questo sapore magari non ti piace, magari ti fa proprio schifo, magari lo detesti, magari la cannella è per te quel che per me sono le zucchine, o peggio, le banane.
Quindi non ho nemmeno fantasticato, l'ho impacchettata e l'ho portata al 12 della via di fianco.
"spero che ti piaccia" ho detto "almeno se mangi non suoni e magari dormo serena" ho pensato.

Non sono una che si perde d'animo.
Vado per tentativi.
Oggi vada per un classico, il ciambellone.
La ricetta è quella di mia nonna, la forma pure, il talento meno.
Però mentre lavoravo l'impasto ho messo la radio che mi ha voluto bene, una volta tanto.
E nell'imburrare la forma ci ho messo la stessa cura che ci metterei accarezzandoti il viso.
Per fare le cose per bene, qualsiasi tipo di cosa si voglia fare, sporcarsi le mani è la base.
E quanto è divertente.
Ho atteso tutto il tempo che serviva.
È un dolce strano, perché è incredibilmente adattissimo per accompagnare qualsiasi cosa.
È buono col miele, con la marmellata, con la nutella, con la panna, col liquore, col tè, col caffè, con le fragole eppure, così, biscottato e soffice, da sé, è perfetto.
E mentre pensavo questa cosa mi sono anche bruciata per non farlo rompere tirandolo fuori dallo stampo.
Non tutte le ciambelle riescono col buco.
Questa sì.
Ed è qui, sul tavolo di legno, a riempire la casa di un profumo che non sto nemmeno a raccontare.
Ti piacerebbe.
Ti piacerebbe sul serio. Penso.
Credo.

Credo che non saprai mai che questa torta esiste.
Perché amo le cose semplici ma sono complessa.

Col complesso della ragazza della torta accanto.







Le ricette della nonna

A me piace cucinare.
Non è un'attitudine dettata dalla modernità, come ogni bambina, ho costretto i miei familiari a fingere di gradire mangiarini preparati con foglie e sassi, prendevo il tè al latte (che schifo) nel mini servito insieme alle bambole, ho riempito d'olio la cucinetta di plastica che tanto ho amato e sistemavo gli avanzi, come il grasso del prosciutto, a forma di faccia nel piatto.
Il tutto mentre alla televisione non c'era Benedetta Parodi ma Wilma De Angelis.
Che donna, la adoravo.
Nei miei occhi di bambina, wilmadeangelis era una fusione tra la signora in giallo e mia nonna, che si chiama proprio Wilma. Ovviamente era un segno.
Così passavo ore ad imitare la mia vera nonna, pensando che era più brava dell'altra wilma, che comunque mi stava simpatica.
Mia nonna cucinava sempre.
È una toscana dal mugello, che altro mai avrebbe potuto fare?
Chiacchierare?
Esattamente, quindi la mia infanzia con la nonna l'ho passata tra uno "stai attenta alla padella" e un "perché vedi in tempo di guerra".
Le persone che mi piacciono le ho sempre ascoltate volentieri, e per mia nonna avevo un'adorazione infinita.
Così a cinque anni ho impastato la mia prima pasta frolla e sapevo a grandi linee che la seconda guerra mondiale non era stata un'idea luminosa.
Poi è stata la volta del ciambellone e le storie delle merende con sua sorella
Dopo è venuto il minestrone, quello vero, con tutte le verdure che non nascono a cubetti, e delle storie strane di famiglia.
Poi la vera pasta e le storie di lei ragazza.
Le ricette dell'ultimo secondo, come darsi la cipria in ascensore.
In fine il ragù, con tutti i suoi tempi.

Ti vanno di più le tagliatelle o il risotto?
Il risotto.
Giugi tirati su le maniche che la faccenda è lunga.
Lunga quanto?
Pensa che non avevo nemmeno vent'anni...

Ci vuole tutto il tempo che ci vuole.
E smaniare, sbuffare, fissare la cipolla sul fondo della pentola non renderanno affatto più celere il tutto.
Il tempo del ragù è il tempo della passione.
Una passione tanto profonda quanto consapevole.
Un gioco di sguardi lunghissimi.
Intensissimi.
Rosso scuro.
Denso e tirato.
Perfetto.

Il tempo del riso è un rempo sereno e attento.
Preciso e divertente.
Un gioco di baci al dente
di gesti buffi.
Attento a ridere così che poi ci si attacca eh.

Oggi mia nonna non cucina più tanto e se le chiedi una cosa, può succedere che tu debba ripeterla cinque o sei volte perché non sente, da vicino, perché se sussurri qualcosa a telefono, a dieci metri da lei, sente perfettamente.

A me piace cucinare
anche riso diverso
anche sugo diverso
credo che prima del risotto al ragù
ci saranno diverse sere al runner-pizza.

venerdì 24 maggio 2013

semiotica delle spiegazioni che dovevo darti


colta da influenza semiotica, mi rendo conto di doverti delle spiegazioni.
non so se hai notato ma
io sono una connotativa.
e mi viene da chiederti scusa per questo, almeno un po'.
perché ti guardo e vedo che a volte proprio non mi leggi.
e in quei momenti vorrei esserti d'aiuto.
vorrei essere una ragazza denotata, cambiarmi i connotati, farli più aderenti alle denotazioni solite, così capiresti, vedresti, mi vedresti.
vorrei davvero ma non posso, proprio non posso.
non posso perché dovrei cambiare stoffa, pasta, forma.
e non so farlo e se anche lo sapessi non lo farei lo stesso.
sono un grappolo di connotazioni difficili e contraddittorie appeso ad un significante a forma di me.
e per amor del vero è giusto che tu sappia che sono una creatura strana ed anche spinosetta.
ho il cuore un po' di cane un po' di riccio ma puoi starmi vicino, stando attento, se ti va.
dovevo dirlo prima magari, dopo averti detto "ciao" la prima sera, "mi chiamo giulia e sono connotativa recidiva dentro, non mi puoi salvare neanche con il jerseyshore"
sono così, ho una manciata di significatini magari invisibili, magari complessi, magari inutili ma miei, che appiccico sulle cose, sui gesti, sulle coincidenze, sui silenzi.
e non importa cosa sembri o cosa no, sto al rischio, è selezione naturale.
restano i migliori.
e con me ci vuole la pazienza che non ho, e un dizionario forse.
non che dica cose che non pensi, è il solito discorso del penso ogni cosa dica ma ho diversi non detti.
ho i miei entusiasmi, i miei momenti neri, la ricerca del sereno e un paio di paure.
più tutto il resto.
certo con te, il più delle volte è naturale, corrisponde al come sembra.
il meno delle volte il comesembra è la punta d'un iceberg che faccio attenzione a nascondere dai radar.
come ben sai, il meno è il più, spesso.
almeno a volte.
è più semplice di così, ma la semplicità che sono è retta da un equilibrio che in cuor suo è complesso.

forse dovevo avere più coraggio e dirti subito, insieme al ciao
di non innamorarti.

connotativa.
denotativa no.
connotativa.


martedì 21 maggio 2013

Nel mondo che vorrei

Nel mondochevorrei le strade sono più simili a quelle di campagna, e tira l'aria di domenica mattina, d'estate, del pane cotto a legna.
Nel mondochevorrei c'è la carta dei difetti, non quella delle identità e quando dici ciao mi chiamo G qualcosa, poi si gioca a  celomanca.
pigrizia? celo, paura? celo, semprefame? beh un pochina ma è anche l'ora...
Nel mondochevorrei si fa merenda, anche coi cavoli se uno proprio non ne può fare a meno, ma per me la marmellata della nonna va perfetta.
Nel mondochevorrei, ai ragazzi innamorati crescono i fiori nella barba e alle ragazze è buon costume regalare mazzolini di biscotti e talvolta di carciofi.
Nel mondochevorrei ci sono tanti gatti che di inverno ti fanno anche da scaldasonno.
Nel mondochevorrei si disegna di continuo, e si può scarabocchiare anche sull'aria.
Nel mondochevorrei se l'idea è buona schiacci il cinque e se dici lo stesso tocchi il naso.
Se litighi poi, nel mondo che vorrei, ci sono vari modi di far pace.
I bigliettini sono il mio preferito.
Il mondochevorrei sembra sia stato scritto da un bambino perché in questo mondochevorrei sono i bambini che rieducano tutti gli altri grandi che sono stati troppo nel mondo che non volevo.
Nel mondochevorrei se immagini una cosa la puoi fare.
Se chiudi gli occhi e immagini un gelato ti cade in mano una gelatiera che ti dice "effattelo" ma è divertente, e te lo fai e poi è più buono.
I panini invece no, sono più buoni se li fanno apposta per te, nel mondochevorrei.
Nelle coperte del mondochevorrei ci sono cucite le novelle della sera e i libri parlano e borbottano e dibattono e si sfogliano stando appollaiati su scaffali in legno vivo.
Nel mondochevorrei ci son sia baci che sorrisi ed ogni lacrima è preziosa, preziossima, che non si può sprecare, ci si comprano le case se è pianta come diocomanda.
Nel mondochevorrei le case sono case ma anche un po' barche e mongolfiere.
Nel mondochevorrei niente è più speciale di come sembri.

La voglia di gelato nel mondochevorrei è la distanza esatta tra tutte queste cose ed il mondo che ho.

domenica 19 maggio 2013

Fiori di carta

I tempi delle parole sono come i tempi dei fiori.

L'ultima volta che l'ho visto gli ho lasciato un bigliettino in tasca.

Il tempo di preparare il terreno.

Sono le diciassette e cinquanta, è un lunedì pomeriggio e sto tornando a casa.
Il sole di taglio mi riflette sugl'occhiali ai quali devo ancora far abitudine.
Abbasso la testa per metterli via e nella vetrina c'è un quaderno quadrato.
Fanno tre e settanta, e torno a casa.

Il tempo del seme.

Sono le nove e quindici, mi sono scottata la punta della lingua col caffè bollente.
A lezione disegno cerchietti e quadrati, quadretti accerchiati forse.
Una frase, quel fuoricontesto che rende la noia, il tempo di un attimo, interessante.
Scrivo due righe. Uno strappo.

Il tempo di cogliere.

Sono le... non so che ore fossero, non porto orologi o forse ero solo distratta.
Distratto lui che chiude gli occhi se schiude le labbra sopra le mie.
Tiene le mani a cornice del viso, sul collo, la spalla sinistra.
Lo bacio, sorrido, dice qualcosa, una mano in tasca, un bacio ancora.

Il tempo dell'attesa.

L'ha capito?
Gli è piaciuto?
L'ha trovato?
L'avrà perso

L'ultima volta che l'ho visto gli ho lasciato un bigliettino, piegato quadrato, in fondo alla tasca.
Un bigliettino con dentro il tempo di me che scrivo, di lui che leggerà che poi sarà avràletto.
Il tempo di un'emozione stupida e bella come un fiore.

Un'antologia.




giovedì 16 maggio 2013

Come la neve

Il cuore in gola, le farfalle che sembrano elicotteri, gli occhioni spalancati dai sogni.
Che cretine.
Accorgersi di mille coincidenze, dirsi che è tutto un segno, il fiorire delle dietrologie.
Che cretine.
I sorrisi ebeti, il suo nome che diventa sempre più bello, l'inconfessabile attesa impaziente di un sms.
Che cretine.
Cosa importa delle scarpe, dei mascara, dello shopping, le cose belle della vita sono semplici e gratis.
L'amore è gratis.

Che cretine.

Le mani nel sangue, lo stomaco contorto, gli occhi spaccati da notti di inferno.
Dilagare di mille incertezze, chissà se quel silenzio era una bugia, il regno del dubbio.
Il sorriso tirato, il suo nome che diventa un tasto dolente, l'inconfessabile attesa impaziente di un sms.
Cosa importa dei libri, del sonno, del pranzo, la cosa che conta è questa fitta allo sterno che mi costa un pezzo di vita, l'anima intera.

Che cretine.

Quasi incapaci di intendere un amore come qualcosa di diverso da un malessere.
Invece no.
L'amore non è nessuna di queste cose.
È molto meglio e molto peggio.
Molto meno e molto più.

È quando decidi che sarai sincera
Che guarderai i tuoi limiti in faccia, non svendendoli per stranezze.
Quando i tuoi difetti saranno il trampolino per crescere.
Che vedrai te come un punto di partenza e di arrivo insieme.
È quando passerà la voglia di incasellare tutto.
Quando vedrai le persone come un collage disastrato e andrà bene così.
Quando non vorrai cambiare nessuno.
E non vorrai essere cambiata.
È quando stare sola non farà paura ma ti piacerà.

È quando la complessità della tua equazione ti renderà bella e semplice
Come un fiocco di neve.

Un fiocco di neve.
Uno di quelli che ti cade sul naso e ti strappa un sorriso dal cuore.
Anche se dentro ha la curva di Koch.

martedì 14 maggio 2013

Tempo reale

Quanti metri sono?
Non lo so
Non lo sai tipo cinque? Meno?
Non lo so, tipo venti.
Torno indietro.
Non puoi.
Cazzo non posso.
E buttati.
E cristomadonna.

Conosco un posto bellissimo.
Questo posto è una spiaggia sassosa, una di quelle che se hai scordato le infradito, alle tre, quando sulle pietre più piane potresti friggerci un uovo, se c'è una cosa che ti ricordi sono tutti i santi del paradiso e li tiri giù uno per uno.
La strada per arrivare a questa spiaggia sassosa passa in discesa, da una radura che tra una lattina e una cicca, ricorda il boschetto di fantaghirò, o quello di blarwitchproject, dipende dall'orario.
Passata la macchia verde, un bivio.
Da una parte la strada continua tra pietre quasi verticali da scalare stando attenti a non far cadere lo zainetto coi panini, che ti senti tipo Jane, col vento tra i capelli e le mosse agili e fluenti, in perfetto equilibrio nelle tue ciabattine e invece sei tipo Cita, spettinata e maldestra, che dopo aver sudato sette camicie quando hai messo male la caviglia, arrivi in fondo ringraziando il cielo che provvede abbracciandoti con un cavallone che impietoso bagna te, il prendisole e lo zaino dei panini.
Dall'altra parte il sentiero continua per tre massi piani, poi il balcone dei suicidi, dritto sullo strapiombo.
L'acqua è molto bella.
È trasparente e salata.
Cristallina e piena di cose da vedere.
Un'acqua giusta per le immersioni.
Non potendo fare le buche o i castelli, le immersioni sono il gioco più divertente.
E poi i tuffi.
Ecco.
I tuffi non so ancora se sono divertenti.
Però sono interessanti.
Ci sono diversi scogli in questa spiaggia sassosa, e ce n'è uno alto, il più alto di tutti e da questo scoglio si fanno i tuffi seri.
E sono seri perché il sentiero per arrivare a quel trampolino roccioso è impervio, scivoloso e a senso unico.
Devi arrampicarti tra scogli vestiti d'alghe, ed anche scavalcare sassi aguzzi ed una volta che sei lì non puoi più tornare indietro.
Proprio non puoi.
Puoi scendere solo tuffandoti.
Non mi sorprenderei se un giorno ci trovassero lo scheletro sbiancato dal salmastro, di qualche timoroso avventuriero preso da un attacco di rischio troppo forte per il proprio timoroso cuore.
Quindi sei lassù ed il cielo è vicinissimo e i bagnanti piccolissimi e il cuore batte, per amor di superlativo, fortissimo.
E ti chiedi perché sei salito, perché non sei rimasto a prendere il sole tranquillo, a mangiare un gelato comprato dal venditore abusivo che alla fine sembrava simpatico, e stai prendendo tempo con te stesso per fare una cosa che ormai devi fare dicendo che non vuoi quando in fondo in fondo vuoi e anche parecchio.
E allora tieni il fiato.
Reggi il costume.
E salti.

Conosco un posto bellissimo dove vorrei portarti
In questo posto c'è l'acqua trasparente e i sassi al posto della sabbia,
possiamo fare le immersioni e mangiare i ghiaccioli.
E ti ci vorrei portare adesso.
Proprio ora.
Perché c'è un posto, in questo posto, che ti ricorda una cosa.
Che non puoi vivere un tempo diverso da quello reale.


lunedì 13 maggio 2013

Amica Amaca

"Sei cambiata"
"Sono cambiata"
"Hai i capelli diversi"
"Questa non è una novità"
"Cosa prendi?"
"Il solito"
"Non sei cambiata"
"Non sono cambiata"

E sorrisi, e bacini, e versi da vecchi cartoni animati.
Capaci delle conversazioni più ampie, frequentiamo scrittori, poeti, pittori e musicisti.
Eppure si parla lo stesso di uomini, abiti, attrici, modelli, quel disco dei radiohead che tanto ci piacque anni fa.
E poi sandali, cuccioli, sconti e quell'ultimo libro che dannazione è bello e tremendo fino alla quarta di copertina.

-Mi sei mancata, che profumo buono, hai cambiato lo shampoo?
-Ho detto basta ai semi di lino, è Jean Paul Gaultier, anche tu tanto.

L'abito non fa il monaco, no, con i pantaloni grigi della tuta abbiamo vinto vere guerre, coi capelli spettinati a nido abbiamo scoperto il mondo e senza neanche fondotinta ci siamo fatte invincibili.
Ci siamo arrabbiate, fraintese, finite le frasi, prestate le scarpe.
Nessuno direbbe che siamo così intelligenti sotto quest'aria leggera.
Nessuno direbbe che siamo tanto leggere sotto quest'aria intelligente.
E le notti a guardare le stelle stringendo le mani tra noi con i sogni intrecciati alle dita.
E il mare spagnolo a dar prova del nostro talento snodato.
E quella sera dopo il concerto, a infilarci il costume da bagno in quel parcheggio, tra i fiori, i rovi, gli sterpi e gli amici.
Amica mia.
Preziosa.
Paziente.
Rarissima.
Ci dondoliamo con la testa sulla spalla dell'altra, con la testa sulla testa dell'altra, cullate da questo scirocco che non ci fa dormire sognando l'estate che brucia la pelle di sale, di sole.
Ti voglio un bene senza tempo, un bene mai iniziato, che ho solo scoperto.

"Non sei cambiata"
"Non sono cambiata"
"Hai qualcosa negl'occhi"
"Un ciglio? Un insetto? Una trave?"
"Un brillio."
"Un brillio."
"Sei cambiata."
"Sono cambiata. "

Ma fa lo stesso

sabato 11 maggio 2013

Diario della donna di una rock star

Con questa storia che era artista ci ho fatto i conti tutta la vita.
Intendo questo suo bisogno di innamorarsi quasi necessario, inevitabile.
Se avesse dovuto smettere si sarebbe trovato in quello stato statico, sarebbe morto, almeno creativamente. Aveva sempre il timore di annoiarsi.
Alla fine io lo sapevo, e quando ho detto sì, l'ho detto a tutto il pacchetto.
Anche perché se ami una persona, fai quel che puoi per vederla felice, e se il prezzo da pagare per la sua luce negl'occhi era che ogni tanto a ridergli dentro fossero stranezze non mie, non mi sembrava poi così alto.
E forse non lo era davvero.
È difficile da spiegare perché è stato difficile da capire anche per me, che ad un certo punto
mi sono ritrovata qui, nel mezzo delle cose.
Sono cresciuta in una famiglia tradizionale, normale, dove c'è un padre, una madre, i litigi domenicali e le cene di natale, il tutto condito da un senso morale di stampo cattolico, con qualche modulata eccezione.
Sebbene io poi abbia preso la mia strada, il fantasma degli sposini di zucchero su un millefoglie a cinque piani, in certe notti non mi faceva dormire.
In quelle notti che passava nel suo studio a dipingere, a creare, a scopare la protagonista del suo ultimo racconto stesa sul tavolo in massello, tra il diluente e il computer acceso.
Cercavo di tirare tardi, più tardi di quanto lui avrebbe potuto, se anche di cinque minuti sarebbe bastato. Ma niente, è un po' il leitmotiv della nostra storia, per quanto me la raccontassi, arrivavo sempre prima io. E aspettavo.
E quando tornava ero arrabbiata, incazzata, quasi lo odiavo.
Ma ovviamente non dicevo niente, il più delle volte fingevo anche di dormire.
Entrava nella doccia e un quarto d'ora dopo mi dormiva accanto.
Mi abbracciava sempre.
Sempre mi lasciavo abbracciare.
Niente valeva quel momento lì. E tutto l'odio defluiva insieme al docciaschiuma.
Mi sentivo stupida?
A volte sì, quando avevo voglia di essere tenera, di mostrargli una dolcezza o di regalargli uno di quegli stupidi sogni su un ipotetico futuro, non lo facevo presa dal pensiero di non essere la sola e completamente infastidita dall'idea che quella dimensione per me tanto importante per lui non avesse più valore di una canzone da scrivere.
Ma non sempre, a volte.
Altre volte andavo oltre e dargli un bacio era così bello che chissenefrega, mi sentivo fortunata lo stesso.
Malgrado. Sebbene. Nonostante.
Stare accanto ad un uomo così non è semplice ma non è semplice nemmeno stare insieme ad una donna come me.
Non sono stata la casalinga anni cinquanta che preparava torte di mele in attesa del ritorno del coniuge fedele ai propri bisogni.
Tante volte sono scappata e altrettante è venuto a riprendermi.
Mi ha seguito esattamente come ho seguito lui.
Nel bene e nel male.
E se ripenso per cosa ne è valsa la pena, non ho molti dubbi:
le domeniche pomeriggio.
Ognuna di quelle interminabili e lunghissime domeniche piene di una disperatissima noia.
Annoiarsi.
Insieme è stato bellissimo.





venerdì 10 maggio 2013

Tensione Tessuto

Facciamo che le persone siano tessuti.
Prima ancora di essere tessuti sono filati.
Prima di essere filati sono un'ammasso confuso di materia.
Ci sei?



Bene quindi questa massa di materia si fa filo e questo filo è un po' tutto.
Sei tu. Tu e tutte le cose che ti succedono e ti sono successe da sempre.
E anche i ricordi, che alla fine sono le stesse cose che ti son capitate ma spostate un po' più avanti, anche più volte. E i pensieri e le paure e le idee, insomma tutto.
Ok?

Sì sì ti seguo

Ottimo, dunque questo filo però all'inizio è solo un filo, è una vita in potenza, è la possibilità infinita di un'esistenza. Un forse intriso d'energia. Un filo impaziente d'essere.
E ti immagini un telaio coi controcazzi allora, una roba super.
Invece è un affare di legno un po' scheggiato con un pedale che si ingrippa e qui e là un pure un po' di ruggine. Ma non importa, il filo è così sul pezzo che come e dove non ha importanza, importa solo cosa, importa solo ora.
Ci sei? Mi segui ancora?

Certo.

Ecco e allora via si comincia, la senti l'emozione?
Trama, ordito.
Il primo dentino.
Trama, ordito.
Il primo regalo.
Trama, ordito.
Il primo giorno di scuola.
Trama, ordito.
Il ginocchio sbucciato.
Trama, ordito.
La prima bicicletta.
Trama, ordito.
Il primo amore.
Trama, ordito.
Un rimpianto.
Trama, ordito.
Il primo pianto.
Trama, ordito.
Litigare con mio padre.
Trama, ordito.
L'incidente.
Trama, ordito.
Cambiare direzione.
E così via.
Continua e se guardi dall'alto vedi proprio il tessuto che prende forma, e cresce, e cambia, e si colora, di una prevedibilità che lì per lì non ti aspetti.

Sì, dove vuoi arrivare?

Ci sono.
Quando ami qualcuno, e stai attento eh, non quando ti innamori, quando ami proprio, che non è il groviglio di farfalle, non confonderti.
Quando ami qualcuno, è proprio un altro filo che si attorciglia da un lato e si tesse un po' per sé e un po' con te, e si infila così, tra le tue trame, nei tuoi orditi, shakespiriano non trovi?
E se riguardi il tuo tessuto vedi una macchia che ramifica.
Ed è bellissima.
Ed è tremenda.

Ahi.

Ahi sì.
Che poi se viene il momento di eliminarla, se non la sopporti più questa variazione su tema, se non la vuoi più vedere, toglierla è un casino. Non è colore. È materia. È sangue nelle vene. Forse sono proprio vene.
E frizza
E graffia
E pesa.
E che fai?
Sfili, con la stessa pazienza che c'è voluta a tessere?
Mi ci vedi?
Tagli, così finché durerà il tuo filo, vedrai che c'è un buco sfrangiato da una parte?
Non è intelligente.

E dunque?

E dunque aspetti fino a quando non ti rendi conto che quello che quello che ti capita, quello che provi, tutto eh, l'odio, la rabbia, la tristezza, questa dannata solitudine non è tuo.
Che l'amore non è tuo, che amare qualcosa, qualcuno, non è un gesto che può appartenerti in nessun modo.
È una situazione in cui ti trovi immerso, che è sempre stata lì, in cui tutti fanno sosta o l'hanno fatta.
E allora ti senti sereno, deresponsabilizzato verso questo vuoto.
Però ti fa un po' freddo.
E allora la coperta.

martedì 7 maggio 2013

Dialogo cuscino

-Cosa mi stavi chiedendo?
-Ti va di dormire insieme?
-Non dirmi queste cose.
-Se vuoi non te le dico.
-No non voglio.
-Hai detto tu che volevi la verità.
-E tu da quando mi prendi alla lettera?
-Stupida.
-Ci credi al caso?
-Sì, abbastanza.
-Che schifo abbastanza.
-Sì ci credo.
-Ma ci credi nel senso che certe cose capitano senza un perché oppure credi che nelle cose che capitano così, ci sia un senso?
-Credo la seconda, credo...
-Io no.
-Tu no cosa?
-Io non credo al caso, in nessun caso.
-E in cosa credi?
-In dio.
-In quale dio?
-In un dio, uno di quelli che fa capitare le cose, uno di quelli che puoi ringraziare, o in questo caso con cui puoi arrabbiarti parecchio.
-Arrabbiarti? Perché?
-Perché tu.
-Perché io?
-Lascia stare...
-Insomma credi in dio... e basta?
-Ti pare poco?
-Mi pare... abbastanza.
-Mh...
-Mh...
-Credo un'altra cosa.
-Sentiamo
-Credo di essere fatta per sognare sola ma
-Ma?
-Non per dormire sola.






lunedì 6 maggio 2013

nuda cruda dura amara sola

La verità è la palpata di culo che ti ha dato quel tipo in discoteca, sconveniente ma in fondo in fondo ti piace.
La verità è lo stretching alle gambe, una soddisfazione dolorosa.
La verità è una di quelle donne orientali sopra le quali ti viene servito il sushi, nuda e cruda.
Buona e amara come il caffè.
Sola come un lupo.
Triste e brillante come il plenilunio di luglio.
Grezza e dolce si fa zucchero di canna sgranato e dai riflessi ambra.
La verità è una.
La verità ha sempre almeno due punti di vista.
La verità è bipolare?
La verità è una, e trina.
La verità è molteplice ma distinta.
Non confusa ma confonde.
Chiarisce, rischiara.
Rasserena.
È serena. E variabile.
Comunque sorridente, tanto sorridente che a volte ti ride proprio in faccia.
Sorprendente anche, tanto sorprendente che a volte nemmeno è facile crederla.
La verità è stupida e fondamentale.
Molto poco fascinosa.
Una ceretta inguinale.
Il fondotinta finito.
I leggings dopo le vacanze di natale.
La luce del mattino dopo.
Gli specchi dei camerini di ZARA.
Un vizio di cui non si può fare a meno.
Un'attitudine naturale.
La negazione ultima dell'illusione.
La fine senza aggettivi delle storie che ti racconti.
Una bugia raccontata male a cui credi per forza.
Una parola accentata

giovedì 2 maggio 2013

B















Nel mio linguaggio personale, ogni lettera è la punta di un iceberg di significati verticali, il puntale di un abete appesantito da nastri di passioni, sentimenti a tuttotondo, cristalli d'esperienza.
In questi giorni penso alla B.

B.
Come da questionario.
Al liceo, quando i compiti in classe erano test a risposta multipla, se per caso non la sapevamo, ci dicevamo "nel caso segna B"
Perché B?
B ispira sicurezza forse, un po' come l'otto.
Le due curve sanno di abbraccio.
E nello sconfortante momento in cui ti vien chiesto se l'equazione di Wittgenstein sia stata teorizzata prima, dopo o durante l'amicizia con Russell, un abbraccio, anche se non salvifico, resta comunque un abbraccio.

B.
I vecchi tempi col walkman sony.
Avevo un'amica bellissima che mi registrava, sì proprio con rec, delle compilation sulle musicassette e se l' A-side era storia del rock, il B-side era la ricerca, la passione, la scoperta.

B.
Che è un lato.
Un lato che puoi avere e più ne hai meglio è.
Non è mai un troppo che stroppia, finché sta in una quaranta.

B.
Come il piano.
Il piano B è una costante.
O almeno è stata una costante per molto tempo.
Una risposta al purtroppismo, alla sfortuna, all'imprevisto murphiano, alle solite variabili che si sono sempre interposte tra l'aspettativa e il reale.

Il B che non ho detto.
Questo settembre quando mi chiesero "e se non va che farai?" per la prima volta ho risposto netta che non ero in possesso di nessun piano b perché averne uno era sminuente nei confronti del piano a nel quale avevo deciso di credere.
Una di quelle uscite cinematografiche che ogni tanto scappano tra un cioè e un altro.

B come basta.
Basta riserve.

B. che se nel caso
Boh, sì.