giovedì 31 ottobre 2013

Da subito

Sii tu.
Sii la mia metà.

Sii tu la mia metà.
Sii tu quello che assaggia il sugo per dirmi se manca di sale.
Sii tu.
Sii tu a riguardarmi i lavori la notte prima dell'esame.
Sii tu a stringermi le mani nervose.
Sii tu a dirmi che tutto andrà bene.
Sii tu.
Sii tu a carezzarmi i capelli.
Sii tu a guardarmi negl' occhi l'attimo prima.
Sii tu a sapere il mio sorriso.
Sii tu a prendere in giro le mie moine.
Sii tu.
Sii tu a leggermi i libri ad alta voce.
Sii tu a raccontarmi le cose belle.
Sii tu a confidarmi le insicurezze.
Sii tu.
Sii tu ad avere più coraggio quando avrò più paura.
Sii tu a dividere con me il dentifricio.
Sii tu a correre con me mentre piove.
Sii tu a sentire le mie scuse quando avrò fatto tardi per farmi bella.
Sii tu.
Sii tu a scegliere il film mentre fuori piove.
Sii tu a mangiare i miei biscotti di domenica mattina.
Sii tu a mostrarmi quel che ti entusiasma.
Sii tu a contare le cose che abbiamo in comune.
Sii tu.
Sii tu a far fiorire il mio lato più bello.
Sii tu.
Sii tu casa.
Sii tu famiglia.
Sii tu amore. Senza bisogno di dirlo.
Sii tu.
Come solo tu sai fare.
Fammi compagnia.
Siediti qui.
Sii tu la mia metà.


lunedì 28 ottobre 2013

Anche i figli dei cani dormono abbracciati

Siamo bastardi, che vuoi che ti dica.
Nel cuore la strada e la pelle è più dura dove l'asfalto l'ha accarezzata.
Casa diventa, se dormi, con chi.
E per tenere per le palle questa vita che è un inferno, ti tocca metterti in ginocchio ed ingoiare.
È un attimo.
Sono sicura, te la caverai.
In questo sillogismo esistenziale la verità, tesoro, viene sempre a galla, esattamente come a galla sta la schiuma marcia straboccante dai condotti fognari.
Fatti i tuoi conti e se a filosofia non eri un genio, la soluzione è matematica, la verità è un colpo secco tra moccio e bava, impara a cavalcarla, montala fino allo strenuo, fatti una doccia, fumati una sigaretta e sarai già al giorno dopo, a un giorno in meno.
Sono sicura, te la caverai.
Adesso dormi, puoi stare qui, te lo prometto, non mi addormenterò se non ti addormenterai.
Terrò la tua mano stretta finché lo vorrai. Stanotte. Domani. Il domani dopo e dopo ancora.
Sogni d'oro eroe, sono sicura, te la caverai.

sabato 21 settembre 2013

Inatteso

A volte, anche se sei lontana, sei nel mezzo delle cose.
Puoi seguire la vita dove ti porta, e se anche ti porta lontanissimo, casa ti trova sempre.
L'amore non si spaventa con l'oceano.

- insomma alla fine sì.
-ti hanno preso?
-santo cielo sì mamma sì!
-ma è fantastico! cioè tristissimo ma fantastico!
-dai mamma, in aereo non ti ci vuole niente!
-oh ma che importa! vado subito a dirlo a tuo padre, ah aspetta è qui te lo passo
-sì sì passamelo, pino!
-amore
-pa' mi hanno presa, assunta, presa sul serio!
-oh tesoro mio che bello! e ora? quando torni? quando veniamo? andiamo vero?
-ma sì, ora mando tutto alla mamma così vedete un po' voi, anzi me la ripassi per favore?
-certo, amore sono tanto felice
-anche io tanto! mamma scusa una cosa
-dimmi tesoro
-stasera ho una... ma Elle? dov'è? me la passi? Le ho scritto ma non mi ha risposto, volevo dirglielo io e poi voglio sapere se viene a stare da noi, le ragazze la adorano, e dovrò prendere un nuovo armadio...lei e i suoi vestitini.
-amore, tua sorella è uscita ora, è andata al mare con quella sua amica, Pi, quella di università, sono a fare spese, vedrai che è distratta dai saldi, anzi ora la chiamo, che volevi sapere?
-sì, tanto le scrivo su skype... dicevo, ho promesso alle mie coinquiline che avrei cucinato io stasera, ecco hai ancora le tue ricette sul computer? sì quelle che dovevo impaginare, sì sì lo so, sì quelle, ecco mi manderesti quella della tua pasta, sì quella, ah. ah ecco perché sapeva di stoppa la mia, eh, avrei dovuto capirlo.
sì ho segnato tutto, ti chiamo più tardi, anche io, sì, sì. Sì mamma, ciao, sì, ciao mamma.

Cazzo sono dieci alle sette, ecco da qui per il market a sinistra giusto? seguirò il mio istinto.

-Effe sto arrivando, ti giuro che sto arrivando, non è colpa mia, qui le strade sono tutte uguali!
sì ho capito ci sono i nomi sopra ma non mi cambia un granché... sì certo che sono al market, sì, sì, di soya? sicura? ok, facciamo che chiami la pizza e la cena la spostiamo a domani? ah l'hai già chiamata, e a me hai preso? ah ma sei un amore, cioè non so se è un gesto affettuoso o una meritata sfiducia nel mio orientamento ma va bene, sì la so la strada, vai arrivo.

Dovrei scaricare le mappe di questa città. Con due tacche dovrebbe farcela.
app, aggiorna, download, vai.
Allora latte di soia, latte di soia...
Latte di mucca, di capra, con calcio, zero grassi, no, no, che schifo ma qui vendono il sangue di maiale in scatoletta? mavvìa...soia soia... forse è tra quelli a lunga.
Questo minimarket mi piace, queste mattonelle annisettanta mi fanno impazzire.
Ah la pasta! ecco! Oh, c'è barilla. Certo che sono proprio italiana.

-Certo che gli italiani si riconoscono dalla spesa.
-E dall'impicciarsi.
-Elle ma sei tu? Che ci fai qui?
-Ci vivo.
-Dai ma che dici? Da quanto?
-Sei mesi.
-Grande e che fai?
-Lavoro per l' esse di vi studio.
-Sul serio? Grande, complimenti!
-Già.
-Io sono arrivato ieri l'altro.
-Mh
-Sto con degli amici che fanno sperimentazione meccanica.
-Oh, interessante.
-Sì, molto, sì...ti vedo bene.
-Grazie.
-Senti ti va una birra? Andiamo qui di fronte..
-No grazie.
-Oh, sì mi sembra giusto.
-No grazie, non qui di fronte, il barista è un maniaco, ci ha provato con Effe e lei ha risposto rovesciandogli il martini sul viso di fronte ai clienti, lì siamo bandite...
-Oh, capisco, allora ti va una birra in un bar dove non sei ricercata?
-Conosco un posto qui vicino.
-Ottimo.
-Hai visto il latte di soia?
-Ecco, tieni.
-Da quando lo bevi di soia?
-Da quando quello di mucca mi ha quasi ucciso.
-Veramente?
-No non mi è mai piaciuto quello di mucca.

A volte, anche se sei stata lontana, sei nel mezzo delle cose.
Puoi scappare dai tuoi casini lontano quanto vuoi, ma i tuoi casini corrono sempre più veloci di te, e seguono la scia delle tue paure, anche se le hai sciolte nell'oceano.

-Insomma, dimmi qualcosa di te...sei cambiata tanto dall'ultima volta, hai i capelli lunghissimi.
-C'è scritto tutto su facebook e sono passati cinque anni, mi sono sempre cresciuti in fretta.
-Erano così quando ci siamo conosciuti?
-Il colore era questo.
-Gelida come sempre eh.
-È un trattamento esclusivo.
-Allora devo ritenermi fortunato.
-Avresti già dovuto.
-Lusingato lady, lusingato. Altro giro?
-Perché no.
-Di tutte le persone che pensavo di incontrare, tu proprio non avrei..
-Non sapevi fossi qui?
-Sì lo sapevo, un po' speravo di trovarti.
-E perché mai?
-Non so, facevo la valigia e ci ho infilato un paio di libri e uno mi ha fatto pensare a te, e pensavo che magari qui, lontano da tutto, se mai ti avessi vista, sarebbe stato diverso...più
-falso?
-sincero, stavo per dire sincero.
-Non l'avrei mai detto. Scusi, posso avere quel pacchetto di pistacchi? e due cosmo, grazie.
-Te lo ricordi ancora?
-Che cosa?
-Che amo i pistacchi.
-No, io amo i pistacchi, li ho presi per me.
-Ma che dici? Lo sanno tutti che sono l'amante per eccellenza dei pistacchi, te lo ricordi benissimo.
-Non so di che parli, li ho sempre amati io, da prima.
-Impossibile.
-Ok, da prima di conoscerti, da prima di conoscerti.
-Accettabile ma non ti credo.
-Come vuoi. Il resto però te lo ricordavi.
-Che cosa?
-Il cosmo.
-Sì, un uomo così pieno di sé che prende un drink rosa in coppa martini è un'immagine difficile da scordare.
-Girala come vuoi, ma non mi hai pensato meno di quanto non abbia fatto io con te.
-Che bastardo.
-Ti scaldi?
-Tre drink e la mia educazione cattolica va a farsi benedire.
-E al quarto che succede?
-Da che parte è casa tua?
-E al quinto?
-Domani in prima pagina?
-Accidenti, non sapevo di essere così bravo.
-Non tu per la tua performance, io, io.
-Per cosa?
-Omicidio.
-Mh, direi che abbiamo bevuto abbastanza.
-Stavo scherzando, e non usare certi avverbi con me.
-Abbastanza è proprio una parola orrenda eh.
-Non l'ho mai amata, abbastanza.
-Non l'ho mai amata e basta.
-È così che si dovrebbe dire, cara, non ti amo più, addio, non "ti amo sì ma non abbastanza". L'amore non è una roba tipo il sugo sulla pasta che dici che "sì è abbastanza" è una condizione d'esistenza, è come il buio, esattamente come il buio.
-Come il buio?
-Sì, come il buio. Quando c'è, non lo misuri.
-Ti va di fare due passi?
-Sì
-Saltelli lo stesso.
-Non si può cambiare del tutto.
-No ma... ok stavo per ridirlo.
-Tranquillo, sapevo già che eri un pessimo individuo, ma sei abbastanza tollerabile.
-Colpito e affondato.
-Insomma che ci fai qui?
-Te l'ho detto, sto aiutando degli amici che...non mi interessa parlare di questo.
-Ma ti interessa parlare di cosa?
-Mi interessa parlare di quanto è bella questa città, di quanto è strana la vita, di quanto, se possibile, le persone siano ancora più strane, di quanto ti stia bene questa montatura per gli occhiali, di quanto, se possibile, questi jeans ti stiano ancora meglio e del pezzo che ho scritto preso dal cuore che mi scoppiava nel petto quando ho capito che era tardi, di quanto ti ho detestata, quante volte ti ho sognata, quante avrei voluto
-Sta zitto.
-Come?
-Sì, sta zitto, sei un idiota e se c'è una cosa che non mi piace sono gli idioti.
-Hai anche ragione
-Cristo cos'è questo tono sorpreso?
-Stupida
-Stronzo
-È il tuo palazzo questo?
-Sì
-Domani lavori?
-Fino alle sei.
-Alle otto, vengo a prenderti e
-No, non puoi venire a prendermi
-Ah, d'accordo..
-No, ho promesso che avrei cucinato io, non puoi venirmi a prendere ma puoi salire.
-Allora a domani sera, è stato bello vederti.
-Abbastanza.
-È bello stare dove succedono le cose.
-Buonanotte.
-Buonanotte, alle otto.
-Alle otto.

-Ce ne hai messo, l'hai dovuta mungere?
-Cosa?
-La mucca.
-Ah. certo ora per un'eco iniziativa te la fanno mungere direttamente al market.
-E com'era?
-Di tofu ovviamente.
-Stupida
-Va bene questo?
-Sì è quello giusto! Perché avevi il telefono spento? mi hai fatta preoccupare
-Si dev'essere spento mentre scaricavo le cartine, aspetta il caricabatteria?
-Mensola bianca, cucina, accanto alla tua pizza.
-'Azie. Accenditi...
-Notte
-Notte Effe, domattina ti sveglio?
-No no no no no
-Ok, Ah domani sera...
-Eh
-Porto un amico
-Chi chi chi
-Vai a letto, ho venti chiamate di mia mamma, domani ti spiego, notte

Vorrà sapere se ho cucinato bene la sua pasta.

-Pronto mamma, ho visto le chiamate, la pasta poi la faccio do
-Elle
-domani
-un incidente


A volte, anche se sei lontana, sei nel mezzo delle cose.
L'oceano non fa barriera alla tempesta.

sabato 14 settembre 2013

Il gusto del sangue.

Il sapore ferroso e salato tra lingua e denti.
Vedo la faccia del tipo che ha telefonato al centodiciotto ruotare ruotare ruotare.
Eppure son quasi convinta di essere ferma.
Sdraiata.
L'asfalto è più morbido di come non sembri, è quasi comodo, vorrei dormire, ma la ragazza gotica del negozio qui a fianco mi schiaffeggia e mi dice che devo star sveglia. Ma chi sei gotica ragazza? Chi ti ha mai visto? Io ho sonno e se anche annuisco, tra cinque minuti sono in fase rem.
Che poi non mi sono fatta niente, sì magari da fuori la scena è anche truce ma non sto così male.
Sento le mani, i gomiti, le ginocchia entrambe e riesco a muovere le dita dei piedi.
Me l'hanno insegnato quando volevo fare la ballerina, a fare il check delle giunture.
Forse avrò delle cicatrici, forse avrò bisogno di una nuova bici.
L'unica cosa che mi scoccia da matti è dirlo a mia mamma che è da quando ho tirato fuori il lucchetto buono, ogni giorno mi parla di tragedie causate da assenza di piste adeguate, pirati, disattenzioni eccetera eccetera eccetera.
Il ragazzo dell'ambulanza è carino, fingerò che afferrandomi non mi abbia fatto più male della ceretta brasiliana di questo venerdì, abbozzo un sanguinario sorriso.
Mi piace il gusto del sangue.
La barella è più scomoda dell'asfalto e l'unica cosa che davvero mi preoccupa è sapere dove sia la mia amata borsa di pelle. È lo stesso modello di quella mia amica danese e vegana. Com'è che una bistecca no ma una Hermes sì, non lo so, ma va bene lo stesso, alla fine la coerenza, a me che ho tre o quattro caratteri diversi, è un argomento che non interessa.
Lui che bacia lei qui nel rientro del negozio di scarpe invece sì, mi interessa.
Lui che non è lui e lei che invece è lei.
"Non si muova signorina" mi dice il mani di fata mentre mi sposto i capelli appiccicosi dal viso.
"Stia ferma con quelle mani" continua e quasi mi strapperebbe le risposte di bocca se solo non fossi distratta e voltata per esser sicura di quel che tutti potevano guardare ma che io potevo vedere, malgrado i capelli incrostati.
Il sipario dell'ambulanza si chiude con un rumore non abbastanza forte da distrarmi.
Rispondo lenta alla ragazza che mi chiede inutilità e che pensa che abbia preso un troppo forte colpo alla testa e non sa che sì un bel colpo l'ho preso ma non dove dice lei.
Non so nemmeno come sentirmi.
Lui.
Mi fa un po' pena, un po' tristezza, e in parte credo gli stia proprio bene.
"No non so il mio gruppo sanguigno"
Poi lei, che ho guardato invidiosa pensando che avesse chissà poi che cosa più di me, meno di me,
"No non l'ho mai saputo, non l'ho scordato, e questo coso mi fa male"
meglio di me, che ho minimizzato, etichettato, detestato, giudicato senza mai trovare pace.
"Ma ce l'ho sempre la pressione bassa, stia tranquilla"
E le notti, dio mio quante notti passate a chiedere a nessuno perché io non fossi giusta, perché non andassi bene abbastanza.
"Non c'è bisogno della sirena, sto bene"
E cosa ci sarà in quest'altro che lui non ha? E poi, perché accidenti sento dispiacere? È karma, io non c'entro niente.
Detesto il pronto soccorso.
C'è sempre da aspettare.
Ora aspetto perché mi dicano che sto bene.
E non è che posso aspettare fumando una cicca al bar qui davanti.
Devo farlo qui, tra una cretina con un'ustione di terzo grado fatta con l'arricciacapelli e un ragazzino che checazzo che schifo, dio mio se proprio deve vomitare esistono i bagni.
Le ore si perdono tra la noia e il cervello intontito dal botto. Dai botti.
Mi sento come quella volta, alla vendemmia, dopo aver vinto a dama al bicchiere.
Era giorno quando il ragazzo della barella mi ha quasi fatta cadere inciampando sulla salita dell'entrata.
È ora di cena. Ho fame. Sento mia mamma qui fuori che chiede di me ma non può vedermi, il bambino che vomita è uno spettacolo di esclusiva visione.
"Dottore sto bene, posso andare?"
"Sì può andare ma il tutore al ginocchio lo deve portare per un mese intero e torni tra due settimane per rimuovere i punti."
Niente di grave, l'avevo detto, ma qui nessuno mi dà mai retta.
L'avevo detto che stavo bene, malgrado il sangue, malgrado gli strappi.
L'avevo detto che stavi bene, malgrado gli sbagli e le sviste totali.
Lo so che brucia, che fa un male cane, che meglio morire dell'infermiera che cuce i lembi strappati di cuore, di pelle, a suono materno di "tesoro mio, te l'avevo detto".
Non ho mai pianto.
Nemmeno adesso, che zoppicando ti ho aperto la porta perché vuoi parlare con chi può capire il sentirsi schiantati così un giorno a caso, in una via del centro, tra il negozio gotico e quello di scarpe.
Metto su il bollitore.
"Così va la vita ma te la caverai, si sbaglia, alle volte, nel valutare."
Annuisci, ricordi, non seguo il filo, e non voglio di certo esserti cerotto, sto per dire che sì "mi dispiace" e mi mordo, per sbaglio, tra il labbro e la guancia.

"Sai di sangue, il sapore ferroso e salato, lo sai che mi piace."

giovedì 29 agosto 2013

Audentes Fortuna iuvat

Avete presente quei giorni in cui, per una rara combinazione di eventi, succede qualcosa di assolutamente inaspettato e bello?
È necessario specificare bello perché sono convinta che dando una veloce sfogliata ai ricordi i primi cinque episodi con effetto sorpresa che affiorano sono tutto meno che belli.
È così, ammettiamolo, siamo una generazione di disgraziati soggetti più che mai alle leggi avverse del destino, ripudiati dalla fortuna, esclusi dalla positività retroversa bonus del karma.
C'è da dire che, malgrado le avversità e il solito andare storto del quotidiano, non perdiamo mai la speranza. Si dice che la speranza non sia che il più succulento tra i manicaretti dello spiedo luciferino perché niente può ferire più profondamente di un seme che nasce dal più intimo sussulto del tuo cuore e che tu stesso coltivi con cura e devozione.
Forse è così che si arriva, in un giorno qualunque, a non sperare più niente.
-Così va la vita- ti ripeti ad ogni inciampo.
-Così va la vita- ogni volta che ti calpestano il cuore.
-Così va la vita- un mantra.
Ed è in questi momenti qui, dove la messa a fuoco sta sui punti deboli, sulle parti da risanare, sul lavoro, lo studio, la fatica, in questi momenti in cui a tutto si pensa eccetto che alla propria serenità, ecco è proprio in questi momenti che la fortuna ti piomba addosso.
Violenta come una farfalla.
Per un attimo resti incredulo, le gambe tremano, tocchi con mano la certezza che tutto si sistemerà, che è sempre giusto sperare e credere perché prima o poi la vita paga il conto lasciato in sospeso per tutto questo tempo di sacrifici.
E la famiglia si stringe tutta, e ci si vuole bene, più bene di sempre.
E sogni.
Oh quanto sogni e per la prima volta il domani non ti terrorizza, per la prima volta lo attendi a gloria. E non trattieni le lacrime. E non trattieni il sorriso.
E ringrazi.
Grazie dio.
Grazie vita.
Grazie a tutti.

Stop.
Nero.
Stava scherzando.
Chi? Chi scherzava?
Chi, chi, chi scherzava?
Dio, la vita, tutti, tutti scherzavano.

Lo spegnersi del bagliore negl'occhi di mio padre.
L'allentare piatto del sorriso di mia madre.
Questo è il dispiacere.

Avete presente quei giorni in cui, per una rara combinazione di eventi, succede qualcosa di assolutamente inaspettato e bello?
Noi no e se c'è qualcuno da ringraziare è solo la vita, e per averci dato dritta nei denti, l'ennesima prova della propria durezza.

Noi siamo così.
Siamo una famiglia di disgraziati soggetti più che mai alle leggi avverse del destino, ripudiati dalla fortuna, esclusi dalla positività retroversa bonus del karma.

E nonostante questo ci speriamo sempre.
E ci vogliamo sempre un gran bene.
Forse un po' di più.

mercoledì 14 agosto 2013

Un momento

A volte mi rammarico di non avere una vita abbastanza tragica.
Inciampare nei marciapiedi, sugli scalini, tra i cuori delle persone, col rischio e la paura di pestarli, di pestarsi, è abbastanza? È davvero sufficiente ad accendere l'entusiasmo nella profondità degl'occhi che ho di fronte? A volte penso di no.
Penso di no e mi sdraio sul letto con gli occhi fissi oltre la vasistas.
Sdraiata sul letto, posso vedere le stelle dalla mia finestra.
Anche cadenti.
Anche cadute se mi volto indietro.
Sono una ragazza fortunata.
Non che mi siano mai capitate grandi incredibili coincidenze feconde e nemmeno che il tempismo delle cose della vita mi abbia mai sorriso, ma di partenza, di base, sono grata per quel che c'è, quel che ha passato il convento, quel che sono.
Già questo sento che in fattore empatico comunicativo non è il top.
Non ho un dramma dentro. O dietro.
Sono una ragazza fortunata, per la vasistas.

Una volta qualcuno disse che sono una strana bestiolina che saltella tra superficialità e abisso, sotto una gran massa di capelli.
Non era un complimento, non era un'offesa, era una nota di un'ipotetica pagina di wikipedia o, più realisticamente, di un trafiletto di giornale titolato "Giovane ragazza affoga bevendo a bottiglia"
-Era tanto una cara ragazza- concludeva l'articolo, appena sopra il riquadro pubblicitario di un dentifricio per denti sensibili.

Un'altra volta qualcuno disse che dormire con me era come dormire con una modella di peluches, un peluches a cui piace il sangue.
Questo forse era un complimento.

Un'altra volta ancora, qualcuno, disse che le statistiche affermano che masticare il ghiaccio è indice di predisposizione a sociopatia, psicopatia, bipolarismo, disturbi della personalità, disagio mentale e talvolta anemia.
Questo era un complimento, forse anche un buon motivo per acquistare un dentifricio per denti sensibili.

A volte mi rammarico di non avere una vita abbastanza tragica.
Ho delle sbucciature sulle ginocchia del cuore, qualche segreto e un resto in spiccioli di tristezze di rame ma niente che mi faccia meritare l'applauso commosso della platea della vita, mentre racconto la mia storia sotto un occhio di bue, seduta su di un panchetto da bar in legno e vimini.
Mi piacciono i panchetti da bar in legno e vimini, ne ho uno in casa su cui mi piace sedermi a suonare male la chitarra, canticchiando un francese a tratti storpiato.
Mi piacciono i panchetti da bar in legno anche se il vimini mi lascia lo stampo dell'intreccio sulle cosce e i glutei.
È sufficiente questo ad accendere l'entusiasmo nella profondità degl'occhi che ho di fronte?
A volte penso di no e mentre penso di no suono un giro blues, sprofondando nei cuscini del divano col culo indolenzito dal vimini. È un pezzo di Muddy Waters ma il testo è una variabile di mio pugno.
Come dopo l'amplesso mi accendo una sigaretta tenendola ferma coi denti e aspirando il minimo sindacale, solo così mi riesce, e questo è l'inserto 7 con allegato fotografico, della rivista sulle mie stranezze, accanto al conservare le bustine intatte di zucchero di alcuni caffè presi nei bar, testimonianza allegata invece in dvd.

Una volta ricevetti un regalo bellissimo, gratuito ed inatteso come una sorpresa, incredibile come un desiderio di quelli che confidi, semmai, a qualche stella ma piano, mentre stai per addormentarti tra le lenzuola d'agosto. Non era una scatola impacchettata, era un momento.
Forse immortalato in qualche foto chissàdove.

Un' altra volta ricevetti un regalo bellissimo, un regalo da cogliere come un fiore, come una palla al balzo, come un sorriso bello in un viso bello di una persona bella.
E lo lasciai lì, come si fa con gli ombrelli a scuola, col boccaglio sulla spiaggia, con la sciarpa, a volte, sul treno.

Un'altra volta ancora feci un regalo. C'è qualcosa di magico nel fare i regali, pensare a cosa possa rendere felice una persona ed impiegare cura e tempo nel trovarlo. Era un regalo bellissimo, non era una scatola impacchettata ma lo lasciai lì, insieme alla sciarpa, prima di scendere dal treno.

A volte mi rammarico di non avere una vita abbastanza tragica.
Perché alla fine vorrei spezzarti le ginocchia con in dramma che ho passato e vorrei, giuro che vorrei spezzarti il fiato a metà polmone tagliandoti con la più cruda sincerità.
Vorrei che il tuo starmi a sentire ti rendesse languido, molle e uomo.
E mi guardassi nuda come ti sono sempre stata accanto e mi vedessi bella da morire e ti vedessi perso senza.

Ma i segreti restano dove sono sempre stati.
A masticare il ghiaccio guardando oltre la vasistas.

mercoledì 31 luglio 2013

Lettera a G

Perché non mi scrivi una lettera a casa
e la imbuchi in quella via del centro
E scrivici solo le storie più belle
e che hai fatto in questi lunghi giorni.
E dimmi se hai pianto, ti sei divertito, hai giocato, hai bevuto
i sogni sogni che hai fatto e cosa ti ha tenuto sveglio.
Raccontami il sole che ti ha un po' scottato e la cotta per quella ragazza.
E non fa niente se le hai raccontato l'aneddoto sciocco che ci fece ridere una notte intera.
Perché non mi scrivi una lettera a caso
e la fai grande per tutto il tuo foglio.
Non le mie iniziali, nemmeno le tue,
fanne una che dica qualcosa.
sia qualcosa di buffo, anche un po' originale
niente di elaborato, magari un'accento speciale.
Niente rime ti prego, sai che non le sopporto
in realtà non è vero, mi piacciono ma solo a volte.
Perché non mi scrivi una lettera a casa
Con la penna nera e gli errori con un rigo sopra.
In una busta gialla di quelle di carta e spruzzala tutta col tuo deodorante
che non so se usi poi una colonia.
Se la usi mi sa che va bene lo stesso
anche se immaginarti a spruzzare una carta, devo ammettere che mi ha fatto sorridere.

Perché non mi scrivi una lettera e basta e mi dici quello che hai già detto.
Ancora una volta
Niente di speciale
Un momento qualunque
Quei cinque minuti giusto un attimo prima che ti debba alzare.
Rubati un po' al sonno, prima dei tuoi dovrei
Rubati un po' al sogno che non ti ridarò indietro.
Ma va bene lo stesso una pagina bianca
Quel che importa è il francobollo per la collezione.

domenica 28 luglio 2013

due estati fa

La morte non è niente.
Niente che ci tocchi più di nascere.
Un momento perso in una memoria che non c'è.
Nella memoria di chi resta, invece, restano tutti i segni.
Qualcuno ti chiama ancora, cercandoti sulle scale sul retro la casa del popolo.
Sarà per sempre.

sabato 27 luglio 2013

Debolezze di stomaco



Certo ne ho preso uno stamattina e il mal di testa mi è passato, ora ho solo la nausea.
No. No. Certo che sto attenta, sì mamma attentissima. No, sì lo so che saresti contenta ma no.
Sicura. Mamma, ti giuro che semmai decidessi di farmi incastrare da un uomo sfornandogli un figlio saresti la prima a saperlo ma per ora ho solo l'influenza.
No, scusami, è che è stata una giornata lunga, questa settimana ho tre consegne e detesto la nausea.
Devo andare, la lavatrice sta bippando, ci sentiamo domani, tivogliobenebuonanotte.

Si è rotta due settimane fa, la lavatrice.

Scoppio a piangere.
Ci sono io, in mutande, seduta sul cesto dei panni da lavare, coi gomiti sulle ginocchia, i palmi sugl'occhi, i capelli tutti sopra.
Piango.
Come tutte le donne, meno di alcune, più di alcune altre.
Ho il ciclo ma avrei pianto comunque, magari non singhiozzando ma sì.
Una mosca mi si posa su una coscia e si annoda le zampine. Prima quelle davanti e poi quelle dietro. Le intreccia in quella posa da complotto.
La scaccio.
Si riposa nello stesso punto della coscia e questo mi fa piangere in un singulto più intenso e mi fa ridere, ridimensiona la drammaticità e ne accentua la tristezza.
Una mosca.

Ma vaffanculo.

Mi alzo e vado in cucina.
Apro il frigo, prendo il cartone di latte di soia e mi siedo sul tavolo.
Sì mi sento trasgressiva e infatti lo bevo dal cartone con il broncio ancora in bella vista.
Tossisco appena.

Avevo sedici anni quando mio cugino, mezz'ora dopo avermi servito il mio primo Long Island mi disse, guardandomi negl'occhi, che se non volevo passare la vita nella nausea, la soluzione era nelle mie mani. Letteralmente.

Ciondolo nel corridoio e passo le dita sui bordi delle cornici appese.
Devo decidermi a toglierla questa foto del campeggio, penso, poi mi fermo a guardare la teca della mia collezione.
Quattro farfalle spillate, ognuna con data e nome, ognuna rarissima, irripetibile, a suo modo.
Detesto gli insetti, i lepidotteri mi danno letteralmente il voltastomaco.

Avevo cinque anni, ero una bambina solitaria, silenziosa, affascinata.
Stavo seduta sugli scalini del giardino della scuola quando mi si presentò la prima della serie. Violenta.
La guardai con la coda dell'occhio, con un gesto posato e maldestro la presi.
Le sue zampe che si muovevano mi contorcevano lo stomaco.
Le sue ali erano bellissime.

Non vado a caccia di farfalle. Non ho nessun retino.
Quando loro vengono a cercare me, io le metto al loro posto.
Funziona così.

Sono in bagno, e la luce dello specchio mi dà un colorito bluastro che accostato alle occhiaie del giorno mi fa sembrare una tossica da ghetto.
Su questa canottiera c'è una macchia di dentifricio.
Tutta la vita che mi lavo i denti, deve ancora arrivare la volta che ne esca incolume.

È il momento della resa dei conti.
Il latte di soia freddo di frigo non è stata un'idea luminosa eh.
Mi lego i capelli.
Il futuro è nella mia mano destra.
Un respiro.
Indice. Medio.
Giù.

A vuoto.

Riproviamo.

Ancora.

Quasi.

Ancora.

Ci siamo.

Il latte di soia fa un vortice nel lavandino.
Mi sento meglio ma mentre mi tiro su per sciacquarmi la faccia, qualcosa risale su per l'esofago.
Che cazzo, mi si pianta in gola, i muscoli tirano, sto ipersalivando e mi si spezza il fiato.
Tossico.
Sputo.

Tiro fuori gli spilli.
Ecco la quinta.

sabato 13 luglio 2013

Non sono speciale

Sono la seconda figlia di tre.
La seconda figlia di una terza figlia.
Mia sorella più piccola è la prescelta.
L'altra sorella è più grande di me.
Sono cresciuta nell'attesa che arrivasse il momento per la mia piccola sorella, di salvare l'intera razza umana dallo sterminio.
Mentre l'altra sorella già lo faceva da prima e meglio, a quanto dice.
Mia sorella maggiore è stata capitano della squadra di pallavolo del liceo fin da quando era una matricola.
Mia sorella minore è la prescelta per salvare l'intera razza umana dallo sterminio.
Io ho le cosce tornite e sono negata per gli sport.
Mia sorella maggiore ha conosciuto il suo ragazzo al quarto anno, lui era il primo della classe e il capitano della squadra di calcio, faceva il modello per occhiali da sole per arrotondare, ora sono in viaggio di nozze a Parigi.
Mia sorella minore che è la prescelta per salvare l'intera razza umana dallo sterminio, sta con un superdotato genio del calcolo numerico conosciuto mentre veniva presentata in quanto prescelta, alla commissione segreta della sicurezza interna. Superdotato in vari campi, ci tiene a sottolineare la prescelta.
Io sono uscita per un po' con un ragazzo di cui mi sono innamorata giusto un paio di giorni prima che lui incontrasse la donna della sua vita.
Per questo natale mia sorella maggiore ha ricevuto un appartamento in centro dove andrà a vivere con suo marito nonappena sarà tornata.
Mia sorella minore un libro che la mia famiglia si tramanda da secoli contenente tutto lo scibile immaginabile ed una serie di incantesimi ancestrali, in coordinato ad un preziosissimo anello tramandato dallo stesso tempo.
Io un abbonamento per la palestra.
I miei genitori mi vogliono bene eh, ed io ne voglio a loro.
Solo che la cosa più importante che so non me l'hanno insegnata loro ma Vanda, la nostra dirimpettaia anzianotta che a volte mi ha fatto da babysitter.
Mi ero sbucciata un ginocchio tentando di emulare la mia sorella maggiore quando fa punto.
E mentre mi asciugava i lucciconi tenendo premuto il cotone imbevuto d'acqua ossigenata sul mio ginocchio mi disse

"Ragazzina, la specialità di alcune persone sta nel non avere proprio niente di speciale"

Io spalancai gli occhioni e piansi tutto il pomeriggio, attaccata alla gonnellona variopinta del vestito di Vanda.
Oggi, mentre mia sorella maggiore è a Parigi a sorseggiare Champagne in compagnia della sua dolce metà e mia sorella minore è a ricercare il quinto simbolo di non so cosa nel mezzo del deserto dei Gobi, io ho appena premuto "start" alla mia cena nel microonde e penso a Vanda, signora della spremuta d'arancia e delle schiacciatine alla mortadella, lei sì che era speciale.






martedì 9 luglio 2013

4 luglio

Stavo camminando col mio amico verso piazza alberti.
Mi fermo di fronte a quel negozio d'arredamento bagni per specchiarmi al lavandino e vedere se questi pantaloni mi stanno aderenti come dovrebbero, ma con discrezione, stando a telefono.
Ho gli occhiali appannati ma ho troppe cose in mano per potermeli togliere e passarci il tergilenti o un lembo di maglietta.
Incontriamo un amico comune ed io mi volto consapevole che tu stai arrivando in bicicletta.
Detesto incontrarti. Vicino a casa mia poi mi risulta insopportabile.

Mi passi accanto e mi dai una pacca leggera alla quale rispondo con un poco convinto sorriso.
Mi volto di nuovo verso lo specchio.
Ecco l'ennesimo pomeriggio rovinato da un chiodo piantato secco in mezzo al cervello.
Vedo che torni indietro e allucchetti la bici.
Vieni verso di me e mi chiedi se ho un secondo, devi dirmi una cosa, se posso.
Ed io ti dico sì, con la stessa velocità di uno scatto in sequenza movimento preso con la macchina che ho al collo.
Complimenti per la resistenza.

Camminiamo

-Nonostante non mi discosti da ciò che ti ho detto, volevo dirti che in queste settimane non ho compicciato niente, non ho nemmeno finito io il progetto perché, di fatto, questa situazione con te mi ha scocciato.

-Nonostantenontidiscostidaciòchemihaidetto è proprio una premessa del cazzo.
È per ciò che mi hai detto che poi un discorso così non devi farmelo mai a meno che non ti discosti dal ciò di cui sopra.
Capisco il tu egocentrismo, e ne apprezzo la profondità, ma in questo caso gira in senso contrario al mio che per me ha la precedenza.
Cioè, alla fine, perché me lo hai detto?

-Perché lo penso, perché sento la mancanza dell'abbracciarti, dello starti vicino, del camminarti accanto mentre saltelli.
Di baciarti.

Tua l'iniziativa, mia l'arrendevolezza.
La schiena contro il muro.
Le mani intorno al viso.

Complimenti per la resistenza.

Passa una signora che conosco e dice che il mio ragazzo se lo ricordava diverso.
È estate, tempo di svolte. Rispondo io e tu mi prendi per mano e mi dici tra il serio e l'idiota:
Così cambi ragazzo con le stagioni...

No ho un solo ragazzo, non ho il multitasking. Io.

Tu sorridi e raggiungiamo i miei amici che si sono spostati su un prato che non mi ricordavo ci fosse.

È il 4 luglio e ti guardo scherzare tra l'erba.
È il 4 luglio e non sono mai stata tanto vicina all'esser felice.
È il 4 luglio, il giorno in cui la terra è più lontana dal sole.

L'estate è già finita


venerdì 5 luglio 2013

Gratuito


Tu sei stato così immeritato per me.
Al di là del bene e del male.
Non aspettavo che te ed avrei pagato tutto pur di non incontrarti mai, neppure per caso.
Immeritato per quanto mi hai resa felice.
Immeritato per quanto mi hai fatto male dopo.
Non meritavo che finissi nel modo più perfetto le mie frasi.
Non meritavo di starti nuda accanto.
Non meritavo di ascoltare il tuo respiro nel cuore della notte.
Non meritavo di baciarti con gli occhi chiusi.
No.
Non meritavo quel tremore delle mie ginocchia esattamente come non meritavo la tachicardia prima di voltare l'angolo dietro cui sapevo mi aspettassi.
Non meritavo l'attesa al display nero del telefono.
Non meritavo che non ti innamorassi.
Almeno quanto me.
Respirare come si respira sott'acqua.
Ogni volta che ti vedo.
Respirare come si respira sott'acqua.
Ogni volta che non ti vedo.
Respirare come si respira sott'acqua.
Come si respira sott'acqua?

non si respira