venerdì 8 marzo 2013

Accademico

Ho diciotto anni.
Sono al liceo e sto raccogliendo dei fondi per il concerto dell'istituto.
Il rettore mi dà carta bianca.
È un uomo intelligente, sui cinquanta, ex docente di lettere classiche.
Dal terrazzo della biblioteca si vede un cielo da brivido e questo vento leggero e freddo è come se ti tenesse sveglia, attenta, aderente al presente.
Tengo le mani sulla ringhiera, ruvida, e respiro.
Frizza.
La città è lontanissima.
Sono a studiare da Marta, per i miei.
Non sento il rumore della porta ma i passi sì.
Faccio sempre attenzione a dettagli di poco conto, come il rumore di un passo, che ovunque, riconoscerei.
La sua voce mi strappa un sorriso che nascondo tra i capelli.
Non mi volto ma rispondo.
Ogni sera la stessa storia.
Ma la mattina è più interessante.
Lui si alza prestissimo, io mi sveglio ma lui non lo sa.
Mi guarda e sento che pensa.
Quanto pensa.
Troppo quando non serve, secondo me.
Però prepara un caffè buonissimo, lo lascia in cucina insieme ad un post it.
Ci scrive qualcosa che qualcuno di importante avrebbe potuto scrivere per me e di fare attenzione quando attraverso la strada.
Chiude la porta dietro di sé e ancora sento che sta pensando.
Mi alzo, faccio la doccia, prendo il caffè e scelgo i vestiti dal cassetto.
Tre fermate di autobus e sono a scuola.
Forse domani lo racconto a Marta, forse a luglio, dopo il diploma, se saremo ancora amiche.
Prima o poi vorrà conoscerlo questo chitarrista dei Velvet Underground.
Meno male che Marta, di musica, non capisce un cazzo.
-Hai fatto la versione di greco?
-Sì certo
-Ti è tornata?
-Quasi tutta, tu ce l'hai matematica? Io manco l'ho aperta...

-Buon giorno ragazze.
-Buon giorno direttore.

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