lunedì 22 febbraio 2010

Per nome, a suo modo.

La sveglia stamattina non ha suonato.
Non si è rotta e non ho dimenticato di impostarla faticosamente ieri notte.
Mi sono svegliata mezz'ora prima d'aver bisogno di lei, semplicemente.
Reduce da sogni che non sto nemmeno più a raccontare...
L'oretta di lavori forzati è scivolata via veloce, il motivo segreto è che c'è un cartone della mattina che mi piace un casino, quindi con la scusa del babysitting posso non perderne un episodio...
Il piccolo D, il mio bimbino, oggi mi ha fatto tornare indietro nel tempo con una precisione impressionante.
Gli bacio teneramente la fronte, gli risistemo il cappellino e lo incoraggio come si deve.
Lui, con la solita aria mesta e sconsolata, mi guarda coi suoi occhioni verde scuro, languidissimi. Non dice niente, abbozza un sorriso sghembo per farmi contenta e si incammina lento e dondolante verso la scalinata principale.
Aspetto che sia fuori dal mio campo visivo per andarmene.
Poi mi abbandono alla malinconia del momento.
Io odiavo andare a scuola.
Non odiavo starci, studiare, leggere ma proprio andarci.
Separarmi dalla mia dolce ed accogliente casetta per recarmi in quel luogo impervio e nefasto, per una piccola me che amava così profondamente la vita casalinga, era traumatico. Giornalieralmente traumatico.
Sempre stato così, fin dall'asilo.
L'asilo lo vidi per due settimane al massimo. Ho giusto un paio di ricordi di quel periodo.
La mia amica si chiamava Giuditta, ci davano delle fotocopie da colorare ed io odiavo colorare, mi sentivo immensamente stupida ad usare quei pennarelloni per riempire degli spazi insignificanti, uguali a quelli di tutti. Era frustrante, quindi fingevo di avere mal di testa e mi rifugiavo nella stanzetta dei giochi a fare la bambina solitaria.
Non ero affatto triste, stavo proprio bene e mentre attendevo il signor Pugi che ci portava la schiacciatina, pensavo "io sono più intelligente, odio colorare quei fogliacci e sono più intelligente, intelligente, intelligente...ecco."
Dopo le due lunghissime settimane di asilo, la mia educazione fu affidata a mia nonna.
Mia nonna è una nonna coi controcazzi. E' fantastica.
A quattro anni, grazie a lei, già sapevo scrivere e leggere.
Mi raccontava un sacco di storie, non erano proprio fiabe, erano racconti ed io li adoravo, potevo stare ad ascoltarla per ore.
Poi c'erano le barbie. E su questo non mi sento ancora pronta a raccontare niente. Quando guarirò, vedremo...
Iniziai la prima elementare a 5 anni, non ero l'unica della mia classe ma ero la più piccolina.
Se non per la dimensione, non si vedeva. Avevo i capelli lunghissimi.
Italiano era la mia materia preferita, non sbagliavo le h o le doppie, a volte però avevo qualche difficoltà con le i .
C'era una cosa che però, scrivevo in modo scorretto: il mio nome.
Sembra sciocco, in fin dei conti è la prima cosa che si insegna a scrivere ad un bambino ma prima di andare a scuola, anche io lo scrivevo benissimo.
Però poi, improvvisamente da Giulia, divenni Giuglia.
Mica era colpa mia, se l'amore della mia vita aveva un difetto di pronuncia... il mio nome, detto da lui, mi piaceva di più, era più bello. Giulia non ero io, a cinque anni io ero e volevo essere soltanto Giuglia.
Lui si scordò di me dopo un paio d'anni di elementari. Io un po' dopo...

e che c'entra tutto questo?
Ogni volta che mi fermo e quardo la parte di vita trascorsa dallo stop più recente, mi dico
"hey G, cazzo, sei cambiata, sei cresciuta, sei diversa... la te di sei mesi fa non ti riconoscerebbe mica..." ( è un esempio, non mi parlo davvero in questo modo...credo...)
Però queste cose di allora ci sono anche adesso, ognuna incredibilmente immutata.
Odio colorare le fotocopie.

lunedì 15 febbraio 2010

Omnem crede diem tibi diluxisse supremum: grata superveniet quae non sperabitur hora.

Ieri sera, tornando a casa, ho visto una cosa.
In macchia, per la strada, di fronte al ristorante dove M cenava.
Un'automobile dei carabinieri, delle persone ed un uomo, steso per terra, coperto da un lenzuolo bianco.

"M. sai che è successo?"
"era a cena qui, stava tornando a casa..."

Difficile non pensare ad altro.
Ed inevitabile immagino quest'uomo, a cena, mentre taglia la pizza e si chiede se mangerà o meno, anche quella parte un po' più bruciata e pensa che domani metterà a posto la libreria, incontrerà quella persona, comprerà il latte....domani. Domani un cazzo.
Fare oggi, Fare oggi. Fare Assolutamente Oggi.

domenica 14 febbraio 2010

Pensando a come vestirmi Martedì...


E sono qui, nelle gelide terre vagliesi, nel look più londinese possibile e nell'attesa della famosa cena, scrivo...
Vaglia aveva organizzato un carnevale coi fiocchi, carri, coriandoli, bambini in costume e persino la banda, la Banda di Vicchio...sembra un mondo parallelo eh?
Un po' lo è...una realtà fuori dai celebri schemi cittadini.
Qui si conoscono tutti, è normale che si tengano trattori in giardino e che ci si scambino anatre e galline, ancora vive e pennute, per il pranzo del giorno seguente...
La mia splendida M. ha vinto una medaglia per il suo bel costume da elfa dei boschi!
Era bellissima infatti. E per tornare a casa, abbiamo preso un passaggio dalla Perla Nera...che fortuna eh...
Io mi sono resa definitivamente conto di quanto, le bande musicali, mi mettano tristezza. Una tristezza immensa, sconfinata et profondissima.
Non so se sia legato a qualche trauma infantile o a qualche stereotipo collettivo, ma mentre il mondo circense attiri sempre, fascinoso, la mia attenzione, le bande musicali, i pennacchi, gli ottoni ed i tamburelli...mi trascinano davvero nella più languida malinconia...
Per fortuna ci sono i baci della perugina, di cui ho scoperto una curiosissima origine...
Una delle cause scatenanti della pancettina antitendenza, antitaglia40, antimagrezzaperfetta insomma, è stato plasmato dalle fini e creativissime mani della Spagnoli. Luisa Spagnoli.
Fantastico.

venerdì 12 febbraio 2010

Gea: la mia cana.

C'è il mio cane, più correttamente, la mia cana, non le piace essere chiamata cagna o cagnetta.
La chiamerò col suo nome, Gea.
Gea è una jagd terrier, un cane da caccia, li addestrano a stanare cinghiali.
L'abbiamo raccolta al canile, abbandonata da un gruppo di cacciatori sul ciglio di una strada. Tutto quello che sapevamo di lei.
Era la fine dell'estate e Gea era poco confidente, dormiva in un angolo della cucina, rannicchiata sul pavimento, mangiava poco e correva veloce. Abbaiava in un modo strano.
Si perchè un cane qualunque fa "bau". lei, incazzosa o meno, dice "aba" e si comprende nettamente.
Io sono il suo amore.
Io sono la SanFrancesca di casa (non santa eh, proprio san...), quella col feeling coi quattrizampati-codamuniti.... veste ereditata dalla zia che però è di superiore livello, avento acquisito la dote "phenomena" della quale io sia totalmente sprovvista.
Gea è cambiata tanto, ha acquisito i caratteristici difetti che già contraddistinguono la sottoscritta: la gola e l'accidia.
Però in questi momenti la amo.
Perchè io parlo, le parlo, lei mi guarda con quegl'occhioni nocciola un po' appannati dal tempo e ha l'espressione tesa verso di me, vorrebbe aiutarmi e non capisce, mi guarda affondo e quasi si dispiace di non comprendermi del tutto ed è dolce, dolcissima, perchè non sa che ha tutta la ragione del mondo a guardarmi in questo modo.


giovedì 11 febbraio 2010

Lettera ad A.

Avevo scritto un altro post, lungo, d'impulso, vero.
L'ho pubblicato per venti secondi.
E poi eccomi qui, a cercare un altro modo per dire la stessa cosa.
Il cuore del discorso è che sono stanca di aspettare.
Stanca di Soffrire per una tale inutile ragione.
Io non devo rammaricarmi niente, si, niente.
Ed ho passato le ultime due settimane in attesa di un cenno, una parola, una reazione che non si sono presentati. mai. nemmeno per sbaglio.
E vabbene che sono quella sensibile ma mica è sinonimo di scema. o stronza.
Sensibile è solo l'ennesima inculata che si prende qualcuno ad affrontare la realtà a cuore aperto.
A volte va bene, e quando è così, è di imparagonabile bellezza.
A volte va male e pare che il dolore di Leopardi e Pavese ti si scagli addosso tutto insieme.
50 e 50, ho scelto io di stare al rischio e lungi da me il sottrarmi alle lacrimose sofferenze.
Però tutto questo è tanto cattivo quanto gratuito.
Pensando alle occasioni che hai avuto per parlarmi, il tempo delle quali ha preferito spenderlo nelle condivisioni di link vuoti e superficiali su facebooooook.
Non ha senso. un social network prima del cuore umano, prima di una persona, prima di me!
Ma sto venendo meno alla mio promesso tono quieto.
Quindi, sono, delusa, amareggiata, molto triste.
Soprattutto sono ennesivamente consapevole del basso ed insignificante peso che rivesta per te nella tua vita.
Certamente non me le porgerai ma nel caso improbabile, le scuse non basteranno.
Sono stanca e vorrei dire un'infinita quantità di cattiverie che ti meriteresti ma per una volta mi risparmierò il sangue cattivo.
Non ti porgerò il mio cuore aperto di nuovo.
Non ho più voglia del tuo totale disinteresse.

martedì 9 febbraio 2010

Se fossi stata brava l'avrei scritta io...

Ci sono notti
che non accadono mai
e tu le cerchi
muovendo le labbra.
Poi t’immagini seduto
al posto degli dèi.
E non sai dire
dove stia il sacrilegio:
se nel ripudio
dell’età adulta
che nulla perdona
o nella brama
d’essere immortale
per vivere infinite
attese di notti
che non accadono mai.

-Alda Merini-

Scene Oscene

Un tavolo per due, non vicino alla finestra, è facile distrarsi osservando i passanti, meglio un' anonima postazione al centro della sala...
Ordiniamo...sembra semplice ma se non mettono una foto accanto a questi nomi impronunciabili, io, che il giapponese non lo leggo ne lo parlo, come faccio a mangiare?
"anche io la stessa cosa." problema risolto.
Nessuna distrazione, stasera soltanto attimo per attimo...
Ogni cosa al di fuori delle parole pronunciate sopra questo tavolo è superflua ed inutile.

Accanto a noi un altro tavolo per due.
Lei: castana, bassina, struccata, o meglio, rughe coperte dal fondotinta ed occhio privo di ombretto, apparentemente giovane, apparentemente naturale...
Si è l'asciata con l'ex da qualche mese e la cosa l'ha turbata perchè vivevano insieme, in pratica hanno sempre convissuto perchè dopo due mesi che si frequentavano, lui ha smesso di tornare a dormire in casa propria. Ama la cucina giapponese, con le sue amiche va sempre al sushibar, però è una donna che si cura poco di sé, a casa ha quasi sempre il frigo vuoto, potrebbe pranzare sempre con scatolette di tonno e, ha confessato, spesso mangia persino con le mani.
Lui: una camicia di flanella a quadri, taglio rasato per natura, sordomuto?
Difronte a me un tavolo per quattro. Due uomini e due donnicciole.
1° considerazione: un uomo, talvolta può risultare idiota volendo catturare attenzioni simpatiche, una donna tentando lo stesso, talvolta pare proprio cretina.
2° considerazione: le donne erano due. bionde.
Uomini da una parte, donne dall'altra, ordine apparentemente casuale.
Il primo uomo ha quasi 50 anni, divorziato da una bellissima donna, in relazione esclusivamente sessuale con la donna dal volto mummificato seduta al lato opposto, non di fronte.
Ha parlato poco, ha fatto due telefonate, ride sguaiatamente, cerca appoggio oratorio nell'uomo che gli siede accanto.
Più giovane, sulla trentina, accento fastidiosamente settentrionale, bel completo ma senza cravatta. I piccoli lembi del colletto leggermente quadrettato della camicia sono inguardabili.
Si sta comprando casa, è single _ quando ha pronunciato questa parola, le due racchie ossigenate hanno sgranato gli occhi abbondantemente bordati di matita e mascara. _
Guadagna bene, quando le bionde dicono qualche stronzata si gira a guardarmi, è un sos.
La prima bionda, quella "fidanzata" la chiamano Tina, ha i capelli ondulati della stessa consistenza della stoppa, la voce stridula, più rughe di madre teresa e lo smalto nero. Pare vagamente sarah jessica parker in hocus pocus. Loda eccessivamente la bellezza dell'ex moglie del Divorziatodallafluentechiomargentata, tra un "bellissima" ed uno "veramente stupenda" il suo viso da ambiguo travestito si piega in smorfie dalla mal celata orrendevolezza...
L'altra bionda era persino peggiore. Più rotonda, più espansiva, più incazzata della sua condizione da semisingle. Ha ricevuto tre telefonate dalla madre, una dal padre e ne ha effettuate ben due al presunto fidanzato, al quale, con tanto di plateale mossa di capello piastrato, atta ad attirare l'attenzione del Sinecravatta, ha chiesto poco cortesemente di non farsi più né sentire né vedere, per poi sussurrargli un "a domani" dando le spalle al tavolo. Ha ripetuto piu' volte " posso assaggiare?", ha ordinato poco ma con tutto quello che ha elemosinato, ha mangiato per tre.
L'argomento della serata sono stati i ritocchi estetici delle star decadute del firmamento italiano.
e la classe di Virna Lisi. La parola "classe" pronunciata da labbra con un così spesso contorno di matita, suona più come "shampista con lo smalto rosso scheggiato agl'angoli..."

"è proprio buono vero? scusa se non sono di compagnia ma sai, se si mangia bene si parla poco" mi dice sorridendo e stringendo tra le bacchette un bocconcino di sushi...
"già..." e la zuppa di miso mi lancia una complice occhiata...
Tutto sommato, il posto accanto alla finestra, è il mio preferito...

domenica 7 febbraio 2010

Perchè non piangere....



Se per un istante Dio si dimenticherà che
sono una marionetta di stoffa e
mi regalerà un pezzo di vita, probabilmente non
direi tutto quello che penso,
ma in definitiva penserei tutto quello che dico.

Darei valore alle cose, non per quello che valgono,
ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più, andrei
quando gli altri si fermano,
starei sveglio quando gli altri dormono,
ascolterei quando gli altri parlano e
come gusterei un buon gelato al cioccolato!!

Se Dio mi regalasse un pezzo di vita,
vestirei semplicemente,
mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente
il mio corpo ma anche la mia anima.

Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei
il mio odio sul ghiaccio e
aspetterei che si sciogliesse al sole.

Dipingerei con un sogno di Van Gogh
sopra le stelle un poema di Benedetti
e una canzone di Serrat sarebbe la serenata
che offrirei alla luna.

Irrigherei con le mie lacrime le rose,
per sentire il dolore delle loro spine
e il carnoso bacio dei loro petali.

Dio mio, se io avessi un pezzo di vita
non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che amo,
che la amo.

Convincerei tutti gli uomini e le donne
che sono i miei favoriti e
vivrei innamorato dell'amore.
Agli uomini proverei
quanto sbagliano al pensare
che smettono di innamorarsi
quando invecchiano, senza sapere
che invecchiano quando smettono di innamorarsi.

A un bambino gli darei le ali,
ma lascerei che imparasse a volare da solo.

Agli anziani insegnerei
che la morte non arriva con la vecchiaia
ma con la dimenticanza.

Tante cose ho imparato da voi, gli Uomini!

Ho imparato che tutto il mondo ama vivere
sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità
sta nel risalire la scarpata.
Ho imparato che
quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno,
per la prima volta, il dito di suo padre,
lo tiene stretto per sempre.
Ho imparato che un uomo
ha il diritto di guardarne un altro
dall'alto al basso solamente
quando deve aiutarlo ad alzarsi.

Sono tante le cose
che ho potuto imparare da voi,
ma realmente,
non mi serviranno a molto,
perché quando mi metteranno
dentro quella valigia,
infelicemente starò morendo.

venerdì 5 febbraio 2010

Avatar

Fammi sentire la prescelta, fammi sentire l'unica che possa risollevare le sorti di questo nostro destino, fammi sentire come fossi importante, fondamentale.
Fammi capire che la mia vita sia necessaria affinché esista la tua.
Fammi sentire come sono destinata ad essere...
Ed è per percepire questa sensazione che esistono le favole, per farci vivere parentesi da eroici protagonisti dal destino incredibilmente segnato.
Per vedere il mondo, almeno per un po', in quel modo che ci fa sentire vivi, speciali.
Per avere l'impressione di poter contare di più sull'istinto, sui sensi, sul destino...
Per sentire vera la speranza del lieto fine, del bene sul male, del buono sul cattivo...
Le creature umane, sin dall'inizio dei tempi, hanno avuto bisogno di raccontarsi vicende snodate in altri mondi e tempi ma non soltanto per far chiudere sognanti, gli occhi dei più piccolini...
quanto per ricordare sempre qualcosa...
In fin dei conti le fiabe esistono per non dimenticare che la vita vera, per quanto difficile e dura, sia scandita da occasioni di percepire quell'infinito, quella bellezza inspiegabile, più grande, pura ed accessibile a chiunque abbia il coraggio di volerla vedere.
Non sono illusori racconti volti ad immalinconire l'animo umano, tutt'altro. davvero.
Lungi da me fare la saccente fortunata, non sono stata sempre felice, non ho sempre visto oltre. Ma ora è diverso. Come forse sarà diverso sempre...
Però c'è un'essenza meravigliosa celata in ogni singolo evento in grado di farci ricordare quanto valga la pena tutta la fatica del vivere.
Pandora io sapevo già dove fosse.

Ti venisse una settimana di colite...amico tecnico.

Che Palle.
Che fatica.
Devo trovare un sonnifero potente.
Non posso dormire quattro ore per notte. non è una cosa sana. Mi vengono le occhiaie...
E poi sono in preda ad un istinto omicida.
Il mio caro tecnico del computer, che avrebbe dovuto installarmi il mio agognatissimo photoshoppino amoroso, ha fatto un casino dell'ottanta...
Risultato? tre ore per cancellare quel software del cazzo, nervosismo al massimo esponente, anatemi pronunciati al vento e naturalmente niente photoshopping...
Se il mondo pensa che io spenda o voglia spendere il mio capitale per comprarlo, beh pensa malissimo e a costo di porre sul piatto della controfferta, il mio corpicino burroso, lo avrò.
Nel frattempo rimane il vecchio pc che il suo pscs4 ce l'ha e forse funziona pure...
Però ripeto, che palle.