martedì 22 gennaio 2013

Forse. Una Storia.

Una volta conoscevo un ragazzo bello come il sole, talentuoso come un dio greco.
Per questo lo chiamerò Apollo.
Non sono Dafne, né Giacinto, né Melissa.
Sono un po' ninfa, un po' uomo, un po' donna mortale.
E nel tempo in cui tutto poteva essere, almeno un po', siamo stati anche noi.
Nelle acque fredde di un fiume antico, intingevo i pennelli in un giorno d'estate.
Un masso scaldato dal sole ospitava con grazia, me , le mie piccole tele e le mie lunghe chiome ondulate.
Fu allora che un annoiato Cupido ordì la sua trama dolceamara.
Scoccò due dardi, uno contro il verso di Zefiro.

Troppo lirica?
Non sto, sebbene sia da me, indorando la pillola...
Questa è una storia bella e triste, vera e falsa, infinitamente lontana, proprio dietro l'angolo, come una leggenda, un mito dipinto su un vaso che qualche crepa per qualcuno è segno di vecchio, per qualcun altro di fascino.

Tra la polvere di un ricordo e la nebbia appena sotto un monte che forse non era l'Olimpo, se chiudo gli occhi, sento ancora la terra umida sotto i piedi e le mani poggiate sulle cortecce ruvide degl'alberi.

Finché non lo incontrai, non feci che cantare di lui.
Dopo che l'ebbi incontrato non sopporto nemmeno la vista del suo nome scritto.

Troppo concettuale?
È sempre difficile raccontare una bugia, almeno quanto dire il vero.

Questa è una storia che non comincia, che era già iniziata, io sono arrivata dopo, almeno cinque minuti. Al solito.
Mi sono svegliata tardi, stavo facendo un sogno, sognavo proprio questo ragazzo bello come il sole, ed anche questo sogno era bello così, quindi ho ignorato la sveglia, ho affondato la testa sul cuscino quel tanto che è bastato per guardare il riflesso ambrato, tipico dei sogni belli forte, che lo stava giust'appunto illuminando...
non ce l'ho fatta a baciarlo.
Mi sono svegliata.
Per questo ho fatto tardi.
Scusate.

È per questo che non ho il colpo di scena.
Ho tante parole, un paio di canzoni, un profumo tanto vivo da far male e una serie infinita di incontri mancati, di casualità perdute, di svolte filate lisce, di bivi ad una sola uscita.

Ogni mito, ogni favola, ogni storia che valga la pena leggere, vivere, ascoltare, non è precisa, non è definita, è come sfumata, perché non parla di nessuno ma alla fine somiglia a tutti.

Così questo ragazzo bello come il sole io non l'ho mai visto, e lo conosco meglio di chiunque altra al mondo.
Come un eroe mi ha stretta tra le sue braccia e sono scivolata via perché ero già in ritardo per la fine triste di ogni amore impossibile che meriti di essere raccontato sottovoce, che meriti di rimanere protetto in un segreto infinito.

E vissero per sempre lontani e insieme, incompleti e felici come quella volta che forse non c'era mai stata.




1 commento:

  1. Tutto ciò mi ricorda un bel fumetto di fior, e la triste consapevolezza della solitudine dei numeri primi. Mia madre con la sua vita mi ha insegnato che non c'è per forza l'anima gemella per tutti, e non riesco a pensare a niente di più triste di una vita fatta di occasioni mancate, di un amore che rimane sempre lì... dietro l'angolo di un'esistenza persa magari proprio a trovare l'occasione giusta.
    Ma questo ovviamente è solo perché mi sono appena abbuffato di biscotti coperti di peanut butter e sono sballato di endorfine, o almeno così voglio sperare.

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