sabato 30 giugno 2012

Coincidenze


“Cos’è l’amore?”
Tesoro mio che domandona.
Beh, hai presente il quadro che c’è nell’ingresso, proprio appena entri, di fronte al portone?
Sì, quel quadro con lo sfondo intenso che sfuma dal verde acqua al viola fino al rosso con un cerchietto ritagliato in fondo a destra?
Ecco quel quadro l’ho dipinto io, lo sai no?

Era una sera, una caldissima sera d’estate, molto più caldo di ora ed io ero a casa mia a riflettere sul mondo, sui rapporti umani, sui casini che combinavo e che dovevo in qualche modo risolvere…  ed intanto dipingevo quello che doveva essere il cielo visto da una finestra.
D’improvviso mi chiama un’amica, un’amica un po’ scema e mi dice “mettiti un vestito e i tacchi tu-sai-quali  che stasera mi servi in forma”
Io mi lamento per una decina di minuti ed in un quarto d’ora sono già fuori di casa.
Andiamo in uno di quei locali così esclusivi da essere quasi sconosciuti.
Balliamo fino a tarda notte e quando saliamo sul taxi per tornare a casa la mia amica dice al conducente di portarci alla stazione.
Io mi metto a ridere, sai come fanno le ragazze dopo qualche flute di troppo…
Quindi finiamo alla stazione con due biglietti del treno per Parigi.
Così, perché suonava bene e partiva tra venti minuti.
Saliamo, ci sediamo e cominciamo a farci un milione di autoscatti assurdi sfruttando tutto il repertorio di espressioni.
Qualche ora dopo il treno si ferma e per un guasto non bene identificato, una voce robotica si scusa per il disagio e ci fanno scendere.
Noi, rinsavite appena, cominciamo a chiederci se non è il caso di tornare a casa.
Mentre ci avvertono che non sarà possibile proseguire il viaggio col treno che ci aveva portato fin lì e che avremo dovuto attendere la corsa successiva, noi andiamo al box per farci cambiare biglietto per battere ritirata.
La mia amica si mette in fila, io vado a prendere un paio di caffè e mentre sono al banco sento una voce che conosco.
Pago, infilo in tasca i dieci centesimi di resto,
“fa che il trucco abbia retto, che non somigli a Curtney Love del giorno dopo” penso e mi volto con nonchalance.

“E tu che ci fai qui?”
“Lunga storia… sono con un’amica”
“E dove vai?”
“Sto tornando a casa…”

Siamo finite a girare il nord Europa con dei metallari…
Io sono tornata a casa un mese dopo con un anello al dito, una promessa al cuore e dieci centesimi in tasca che se guardi sono il buco preciso nel quadro.

Per me l’amore è questo.
E’ uno sfondo intenso, pieno di sfumature, su cui succedono le cose.
Ma non c’è una risposta jolly che vale per tutti, sicuramente se lo chiedi al nonno, sarà una di quelle canzoni fatte di grida indistinte e assoli di mezz’ora che mi faceva ascoltare dal suo ipod perché capissi il suo sentimento per me…

Ma tu lo sai cos’è un ipod?

lunedì 25 giugno 2012

Colorize my heart

Non è possibile remare contro la propria natura.































































































Oltremare

Siamo in quella spiaggia.
Quella dove andavi sempre.
Quella con l'acqua cristallina, con la sabbia fine.

Ho un vestito leggero di pizzo avorio.
I capelli sciolti sulle spalle, mossi dal vento.

Solo tu ed io.

Nemmeno una parola.

Solo io e te.

Le mie labbra sulle tue.

Le tue dita a seguire le linee del mio corpo.
Il viso.
Il collo.
Le spalle.
Lo scalino tra il seno ed il costato.
I fianchi.
Il solco del bacino.

Ancora un bacio.
Un altro.
Un altro ancora.

Sei perfetto.

Attento alla sabbia.

domenica 24 giugno 2012

Light Sketch

Questo sorrisetto sghembo, sì proprio questo, il mio.
Il mio non di sempre, di qualche volta.
Il mio di questi giorni.
Che basta una serata calda, una canzone giusta, un po' di vento ed un pensiero forse.

"ancora" 


mercoledì 20 giugno 2012

Nuova testata blog.

La prima opzione era più curata.
Le avevo messo un twin set graziosizzimo e la gatta intorno.
Ma mi faceva caldo solo a guardarla.
Quindi ho spogliato anche l'immaginina di intestazione.






domenica 3 giugno 2012

Prendo nota.

Certo che le persone sono proprio strane.
E scriverò di loro con leggerezza, almeno in questo caso.
Alcune danno tanto per scontato.
Altre pensano di no ma non vedono al di là del loro naso.

Io mi nascondo dietro la frangetta e prendo appunti sul mio taccuino.
Annoto chi mi parla così tanto per fare e chi invece qualcosa vuole dirmi,
scrivo di chi mi annoia e di chi mi diverte, scrivo a margine chi mi sente ma non mi comprende.
Mi diverto con chi si sofferma sulle mie bionde chiome e si sorprende che non sbagli i congiuntivi.
Sbadiglio coi discorsi gonfi e vuoti di chi vuole qualcosa ma non sa che dirmi.
Mi piace chi distingue più di una sfumatura, chi sa ridere di sé, di me e di chissà chi altro.
Mi intriga chi possiede padronanza di linguaggio e chi senza parole fa capire ogni intenzione.
Mi dispiace cadere nel silenzio spinta dal limite del mio interlocutore e mi appassiona lo stimolante inganno di una conversazione a pari tono.
Allora scrivo e scrivo e scrivo ancora e ogni tanto mi distraggo in un disegno storto, in un pensiero forse un po' contorto, alzo gli occhi per vedere dove ero rimasta e disatteso trovo uno sguardo conosciuto, occasione più unica che rara, ammetto a malincuore, ma comunque capitata in qualche giorno buono.
Lo sguardo inaspettato di chi mi osserva come faccio io, di chi mi guarda nel complesso intero.
E vede che sono buffa quando inciampo, seria e anche stizzita a volte, appassionata nelle mie letture, un po' arrogante e forse presuntuosa e pigra e sognatrice e bionda.
Insomma c'è chi mi guarda e vede quel che vedo io e allora un attimo mi fermo e lascio andare un piccolo sorriso sghembo.
Segno un asterisco in una pagina speciale, chiudo e vado verso.

Un caffè corretto al flashback


Oggi camminavo per il centro e pensavo al mio futuro.
Ho immaginato il mio lavoro, un angolo della mia casa, il mio gatto, il mio cane, il mio terrazzo.
Ho immaginato dettagli di dinamiche quotidiane della mia vita nel mondo degli adulti.

Sono inciampata in un san pietrino appena ho buttato l'occhio al futuro partner amoroso.
Ho scampato una signorotta sudata e tedesca per un pelo.
Mi sono ridata un contegno ed ho proseguito in direzione del mio caffè.

Aspettando un caffè shakerato, il mio pensiero si è velocemente ramificato (l'aggettivo mi piace preliminare al sostantivo quindi talvolta incappo in odiose rime baciate) .

Pensavo a come gli uomini possano "percepirmi" e come vorrei essere "percepita" io.
Pensavo alle occasioni sprecate, alla serietà svanita, a quanto abbia desiderato che il mio qualcuno notasse un certo lato di me che non volevo mostrare esplicitamente e a tutte le volte in cui il fatto che qualcun altro lo notasse con naturalezza mi facesse precipitare nello sconforto.
Pensavo alle serate in cui ho preferito un vestito scollato a due parole che mi avrebbero messa a nudo e alle giornate in pigiama nelle quali potevo conquistare il mondo.
Pensavo ai fraintendimenti che hanno rovinato tutto, all'ostinazione per non scendere a patti e ad una remissiva accondiscendenza scaturita da una triste paura.
Pensavo alle notti passate a leggere, alle passioni che mi hanno resa forte e debole insieme.
Pensavo a quante persone abbiano lasciato il segno dentro di me e in quante lo abbia lasciato io.
Pensavo a quando mi hanno annoiata certe parole e quanto incuriosita altre.
Pensavo a quanti mi abbiano parlato come se non capissi e che poi abbiano pagato pegno per aver frainteso i miei colpi di sole.
Pensavo ai lati di me che odio.
Pensavo alla dimensione reale del mio potenziale.
Pensavo che l'atto è il passo che sto compiendo adesso.
Pensavo "e se mi stessi sbagliando?"

Ci hanno messo un giga di pensieri prima di portarmi la coppa margarita col caffè shakerato che avevo ordinato e al solito, sotto il piattino non c'è il senso della vita o la scelta giusta ma solo lo scontrino col conto da pagare.
E hanno pure aumentato i prezzi.

venerdì 1 giugno 2012

Certe persone lasciano un segno indelebile.

Io sono un'artista.
Ho uno spiccato gusto estetico-contenutistico.
Nutro una smodata passione per la tipografia.

Passione nata alle elementari, quando il font scelto con cura per le mie ricerche era Times New Roman rispetto a Comic sans usato da tutti gli altri bambini.
O forse prima, quando inventai il carattere, più tardi rinominato "Ego", che in ogni lettera nascondeva delle "g"  rosa.

Ho frequentato corsi di perfezionamento ovunque.
Sono stata a New York a Londra ed a Tokio. Più volte.
E' più di amore profondo, è un legame ardente fatto di storia, di scoperta, di classe, di emozione tanto che scegliere il giusto carattere da utilizzare neanche mi sembra più un lavoro.
Utilizzo soltanto font progettati da me.

Ogni singolo carattere è concepito da una precisa emozione, da un preciso impulso e connesso alla perfezione con la parola da scrivere, al "progetto" previsto.

Passo anche settimane insonni a progettare il giusto font, il font perfetto al "progetto" designato.
Ed è giusto così perché quando arrivo ad imprimere i miei caratteri, tutto è semplicemente perfetto.

Certo, ci ho messo un po' ad essere precisa con quella macchinetta, ho dovuto fare delle prove, ma tutto sommato me la sono cavata bene.
 
In ogni caso ne è valsa la pena perché il mio font nella parola "troia" tatuato sulla tua fronte fredda
è magnifico.
Ed io sono un'artista.