venerdì 29 luglio 2011

In me c'è qualcosa di sbagliato.
Non è una frase da quindicenne depressa.
Dico così perché mi rendo conto che nelle mie reazioni c'è qualcosa, qualche piccola cosa, che non va.

Me ne rendo conto quando mi sento...sola.
E intendo quel sentirsi soli quando fisicamente non lo si è.
Mi sento sola accanto alle persone.
Ed è triste.
E non sono le persone sbagliate.
Sono io che sto rendendo ogni cosa più distante e più difficile.
Sì sto svarionando ma è colpa del fatto che non sappia metabolizzare a tempo gli choc.
Succede una brutta, brutta cosa ed io sto immobile finché tre giorni dopo, seguendo un pensiero, allento la presa.
Scoppio.
Crollo.
La morte di Benedetta non è affatto giusta.
E non sono io a doverlo dire, che non la vedevo da due anni.
Però lo penso lo stesso.
E vedo la disperazione dei suoi amici più cari ed il dolore che ha lasciato con questo vuoto improvviso.
E il cuore mi si stringe in gola ed anche se sono due estati che non vedo quel giro, abbraccerei tutti perché non so come ma sto male anche io.
In questi giorni non ho pensato ad altro.
E mi sono sentita come fuori luogo a mostrare la tristezza, come se non c'entrassi con quella disgrazia.
Forse è così.
Ma penso lo stesso che la Bene, che ho sempre visto sorridere, non meritasse affatto quello che le è capitato.

venerdì 15 luglio 2011

Come la neve non fa rumore...

Se sono una persona emotiva?
Non lo so.
O meglio, dipende.
Se sto guardando un film, anche di animazione, o un telefilm e avviene qualcosa che credo triste, sì non riesco a non lacrimare.
Lacrimo anche alle cene di famiglia, con classe e discrezione, fingendo sia colpa della mostarda di cremona, e lo faccio sia perché sono felice di vedere insieme tutta la mia famiglia, sia per le rievocazioni del passato non troppo remoto ma comunque troppo diverso dal presente...
Sento i muscoli intorno alla bocca che premono verso il basso e gli occhi che vorrebbero inumidirsi, anche quando qualcuno a cui tengo mi risponde male o quando non mi sento amata abbastanza, da viziata quale sono.
Ma non come la dodicenne che sbatte i piedi...
Più come "madre, vi prego, non fate il labbro tremulo..."*

In realtà, a pensarci bene, pare proprio che abbia la lacrima in tasca.

e a pensarci ancor meglio, questa cosa già la sapevo.

Ed è una specie di piccola maledizione che ti porti dietro.
Come un bubbone di peste su una guancia, una cosa che non puoi nascondere e che ti rende facile bersaglio di granitici e incommuovibili monatti.
E' un handicap che ti fa prendere poco sul serio.
Perché se piangi sei debole, e non importa perché lo fai.

Però non sarei la paladina dell'ossimoro se anche in questa attitudine non riscontrassi almeno una contraddizione.
Ci sono certi dispiaceri, certi dolori per i quali non riesco a piangere.
Non sono fulminanti, non come gli altri almeno.
Sono soffici, gelidi e lenti come i fiocchi di neve che nello spazio di una notte d'inverno, ricoprono una città che se fosse Firenze, sarebbe bloccata dal traffico per le 72 ore successive...
E quindi rimangono lì, sul fondo del mio sguardo, a dare quel languore delle sere al bancone del bar, che finiscono con un amaro alla goccia tra le note dell'ultimo jazzista rimasto ancora sul palco...
Così, per non assiderare, di tutta questa neve che mi porto dentro, ci ho fatto un animale da compagnia, gli ho dato un nome e gli ho insegnato a riportare il bastone...
e più lontano riesco a tirarlo, più tempo ho per sorridere...


*che ovviamente è una citazione da...L'incantesimo del Lago.