venerdì 26 novembre 2010

Scritta a margine. Macchiata di caffè.

Un' anima in pena
in costante, trepida attesa.
Il respiro tentato profondo
si mozza nel mezzo.
Non v'è pace per i cuori sospesi
Per le anime prave
Per gli spiriti ambigui
Per loro.
Ustionati dalla caustica luce
albeggiante.

mercoledì 17 novembre 2010

Io posso cambiare.

J. lo vede ogni mattina.
S. arriva, le da il buongiorno e poi le dice sempre le stesse parole.
"un caffé macchiato ed un cornetto integrale. Grazie."
Non che J non sapesse cosa S desiderasse, per lei sarebbe bastato un "il solito", ma la piccola gioia provata in un soffermarsi più lungo di S. al bancone, di fronte a lei bella di estetista, la tratteneva dall'interromperlo con un "lo so".
J., che poi non si chiama mica J., il suo nome è G., solo che G., non andava bene per lo standard delle sue frequentazioni e quindi, con la semplice scelta del soprannome, ha preso poi tutti gli atteggiamenti e le caratteristiche di una J di battesimo.
Insomma J. in principio non rimase colpita da S..

Tutto accadde una mattina.
Era più presto del solito, J stava riempiendo rasobordo le zuccheriere ed un S. nervoso ed impaziente, dopo aver pronunciato puntualmente la propria battuta, si sedette al solito tavolino e tirò fuori dalla valigetta da ufficio, quattro giornali freschi d'edizione.
Li aprì tutti più o meno allo stesso punto e cominciò a leggere lo stesso tipo d'articolo, prima su uno poi sull'altro, poi di nuovo un passo del primo per poi passare al terzo e così via.
Ecco, J. neanche si ricorda di che leggesse S quella mattina, J è una ragazza da rivista patinata, non certo da giornale in bianco e nero; però si ricorda perfettamente cosa pensò di S da quel momento in poi:

"cacchio, lui è intelligente..."

E da lì cambiò tutto.
Improvvisamente, inconsapevolmente, S era passato da quello del "un caffè macchiato ed un cornetto integrale grazie" a "quello intelligente del caffé macchiato e cornetto integrale grazie".
Giorno dopo giorno, caffè dopo caffè, J rivestiva quella figura posata, mite, integra ed intelligente, di tutti i sogni nati dal proprio cuore infranto.
J aveva una curiosa abitudine, che molte donne hanno, finiva sempre per accoppiarsi, o meglio, per accompagnarsi, con i classici, tipici, soliti... figli di puttana.
E così, nella sua vita le era capitato di rimanere senza soldi, senza auto, senza appartamento, senza vestiti e persino senza due di queste cose insieme.
Ogni volta si era ripromessa che mai più sarebbe rimasta senza qualcosa.
Ed ogni volta si trovava smentita dai fatti.
Ecco. In S, lei riconosceva qualcosa che in M, B, K, D, I, P, di nuovo B, L, E, T, R e Y non aveva mai percepito: la presenza di un cervello.
E questo l'aveva fatta sperare, le aveva aperto un mondo nuovo e rigoglioso d'opportunità.
Certo, S non ha i muscoli di K e nemmeno il volto da tronista di B, però, forse non era importante.

Mentre S continua le sue mattutine visite al bar, J. punzecchiata costantemente da questo nuovo spillo sentimentale, si è resa conto di quanto questo percorso si trovi in salita.
S è intelligente.
J, J fa le cose come sente giusto, si fa il bordo alle labbra perchè l'ha visto fare a una in tv che ha una vita da star, ogni martedì pomeriggio si fa fare il french sulle unghie, ed il tastino "k" nella tastiera qwerty del suo cellulare fuxia si è quasi consumato.
Certo, cultura non è forzatamente sinonimo d'intelletto e a questo pensiero, J si era attaccata molto, la terza volta di seconda media.
In fin dei conti J preferiva vivere la vita invece di leggerla, è così sbagliato?
Chi può dirlo senza peccare di presunzione?
Comunque J, determinata nella sua mira espansionistica, ha già iniziato la preparazione alla conquista.
Tre settimane fa ha comprato un libro.
Da un mese non caccia in malo modo, il ragazzo che le lascia il giornale al semaforo e legge qualcosina eccetto il proprio oroscopo.
Ha smesso di scrivere "KoMe sTai" così.

E' sabato, sono quasi le otto ed ecco S. entrare dalla lunga porta a verti.
J. lo vede e percepisce chiaramente di trovarsi sul punto di non ritorno.
One Shot. O la va o la spacca.
"un caffé macchiato ed un cornetto integrale, grazie."
"S, che fai stasera?" colpisce diretta J.
" ehm..stasera? perché che giorno è?" risponde sottotono S.
" Sabato. E c'è una festa interessante al K2. Sono sola, ci verresti con me?" dice J facendo attenzione ai verbi.
S non è il tipo da festa.
Il K2 è uno dei locali più frequentati della città.
S non sa nemmeno che cosa sia il K2, eccetto un numero da Guinnes.
E poi J non è proprio il suo tipo.
Il suo cuore da tre lunghi anni, batte segretamente per V., l'assistente del suo capo.
Con cui tra l'altro il suo capo ha una relazione extraconiugale da manuale, che S finge di non vedere.

Perché il caffé è sempre buono.
Perché è stata gentile.
Perché non si ricorda nemmeno più come si bacia.
S accetta.

La serata è strana e l'imbarazzo si taglia col coltello.
J si è fasciata in una sintesi d'abito nero coi ricami fuxia come il cellulare.
S è impalato, muove un po' la testa a quello che pensa essere il ritmo della musica circostante.
J gli da una Pina Colada ed S entra nel mondo degl'elefanti rosa.
Gli gira la testa ma asseconda J in ogni sua mossa.
Fino a giungere nell'appartamento della suddetta.
Dopo un quasi svenimento di S ed un caffé la testa gira meno e la realtà torna bilanciata.
S sta per andarsene, è sulla porta, ringrazia J e la bacia.
Poi la ribacia.
La bacia ancora.
La porta si richiude.
I vestiti cadono a terra sconfitti.
il respiro si fa affannoso.
I tempi stringono.
La tensione sale.
Sale ancora.
Lei inarca la schiena e grida:

"Ti lovvoooo!!!"

Silenzio.

Nero.

Titoli di coda.

domenica 14 novembre 2010

J.

Distrattamente guardo il cielo e nemmeno capisco che cosa stia cercando.
Quant'è? Due mesi, forse tre.
Tre mesi che sto qui, nella casa della vecchia pazza.
Sì quella che sta in fondo alla strada.
Mi ha affittato il terzo piano a una miseria.
E ci credo. Chi cazzo vuole viverci in una città così!
Con lei come condomina poi!
Decrepita vecchia come quella casa.
Credo ci siano pure i topi.
Ogni cosa cigola. Scricchiola. Schiocca.
Si sente proprio la pesantezza dell'esistere.
Mi manca il mio divano. Rivoglio il mio frigo con le calamite.
Rivoglio tutte le mie cazzo di calamite.
I giorni sono fusi tra loro.
Alba e tramonto. Differenza zero.
Tutto uguale. Tutta una grandissima merda.
Mi alzo, non so quando.
Mi vesto.
Vado al Bar.
Mi faccio una rossa doppio malto.
Forse mangio.
Mi faccio un'altra rossa.
Smetto di pensare. Finalmente.
Butto giù un whisky.
Forse due.
Pier passa la spugna sul bancone.
A volte lo saluto.
Torno a casa, faccio le scale e collasso appena chiusa la porta.
Ho i soldi per altre due settimane scarse, e per un altro mese d'affitto.
Dovrei trovarmi un lavoro.
Un lavoro vero.
E dovrei farmi la barba.
Ancora quei rumori. Basta. Quei maledetti topi.
In quella fottuta stanza chiusa.
Ah adesso davvero basta.
Dov'è la chiave?
Dove accidenti...Eccola.
Ora ve lo faccio vedere io.






Oh cazzo.


.

venerdì 12 novembre 2010

Save Our Sottoponte...

Le cose cambiano. In continuazione.
E lo diceva Eraclito col suo Panta Rei... non abbiamo inventato niente.
Certo, è un ciclo evolutivo continuo, costante, instancabile ed inarrestabile.
Però è anche vero che certe cose, in fin dei conti, sono sempre le stesse.
E non perché retrograde, quanto perchè la maggior parte degl'esseri umani, ha bisogno di legami, sensazioni e posti da chiamare "casa".

Casa.

Non è rincuorante?

Qualunque cosa si intenda per "casa".

Ed è più o meno di questo che volevo parlare, essendo una Bloggettara compulsiva.

Sono passati tre anni dall'acquisto del mio primo sketchbook con cognizione di causa.
Tre anni nei quali la mia vita ha subito una rivoluzione centrifugata pazzesca.
Ho capito cose, ho fatto scelte, ho studiato, letto, conosciuto persone, fatto esperienze, cambiato taglio di capelli, cambiato giro, cambiato modo, cambiato senso, pianto un casino e di tutto ciò è profondamente rimasto il di-segno.
E coi miei compagni di scarabocchio c'è molto di più di un confronto timoroso, orgoglioso, ritroso, stimoso (che fa cagare ma si capisce) di linee e macchie di china su pagine e pagine.
C'è di più di qualche birra di troppo su uno sketchbook coi fogli imbarcati.
C'è di più dei ritratti rubati per caso o degli scleri con volto e parola.
C'è di più perchè l'esigenza di "artificare" nasce da un "di più" in cui certe persone credono.
Quindi ripenso nostalgica alla prima sera in cui, per caso, mi sono accorta di quel "di più".
Ed è per questo che il Sottoponte DEBBA esserci.
Perchè non è solo un posto dove ti dicono che un uomo è la somma di sette teste e mezza.
E' di più. E' l'occasione di molte persone di trovare il loro di più.
Ed anche se suona clochard, per qualcuno, per me, è casa.

giovedì 11 novembre 2010

un maschio idiota.

Le donne.
Io, che donna sono, talvolta mi trovo d'accordo su certi incisi misogeni alla Wilde, per intenderci.

Il punto è che, sebbene sia piena di difetti e spesso il mio ego abbia bisogno di un intero appartamento tutto per sé, non posso non rendermi conto di una peculiarità che mi appartenga:
L'intelligenza.
E qui c'è chi penserà alla mia presunzione astronomica o al totale ammanco di modestia...
beh, chissenefrega.
Non ho detto di essere la più intelligente del mondo. Rita Levi Montalcini o Luciana Littizzetto potrebbero darmi del filo da torcere...
Per questo provo un certo fastidio nonché un notevole disappunto nell'accorgermi quanto certe persone abusino di questo termine.
E mi riferisco a queste sciacquette da night club, queste donne scialbe che riempiono le frasi di "fidati di me" e sguardi maliziosi, queste donnicciole volgari, prive di cultura che hanno di che dire su ogni cosa.
Io sono una rinomata rompicazzo. Non dimentico di essere umile ma quando è troppo è troppo.
E la cosa che ancora mi stupisce è quanto gli uomini siano in balia di questi occhietti color del cielo che in questo caso rappresentano proprio l'aereo vuoto cerebrale...
Che tristezza.


lunedì 8 novembre 2010

E & M

I baci caldi, i movimenti frenetici, il respiro veloce, gli abiti come ostacoli da strappare via.
Gli sguardi scagliati diretti come proiettili, atti a bruciare dentro quanto più possibile.
L'inferno. La beatitudine. L'immenso in una stanza. In quella stanza.
E adesso, tra le stesse quattro mura, il respiro si faceva corto, stretto dal morso allo stomaco.
E. è lì, raccolta in un angolo del letto, il viso occultato dai capelli ed il pianto strozzato in fondo alla gola.
Vuole che M. la stringa a sé. Vuole sentire l'odore della sua pelle, vuole le manchi il fiato ascoltando il battito corrispondente dal suo petto. Vuole, o meglio ri-vuole quel senso d'appartenenza che M. le aveva dato in tutto quel tempo.
Lui l'aveva trovata, lui l'aveva salvata, lui l'aveva resa bella, o meglio, lui le aveva mostrato quanta bellezza fosse racchiusa in lei. Lei che si era sempre sentita sbagliata. Lei che non si era mai sentita pura.
In quel momento, i loro corpi, i loro occhi erano come avvolti dalla nebbia, in un notturno invernale.

M. sta in piedi, di fronte a lei.
E. alza piano la testa, i due si guardano, M. si volta verso la portafinestra.
E. scatta, arriva davanti a lui.
Vorrebbe urlare, vorrebbe gridargli tutta la sua rabbia, tutta la sua paura folle.
Invece si avvicina, trema, gli posa le mani gelide, sul viso, quasi si scusa e gli occhi le si fanno lucidi.
M. si volta verso di lei, la vede bella, bella come sempre, forse più di sempre. Sente le vertigini fissando quegl'occhi grigi e spofonda in se stesso.
Vorrebbe non sentire il peso dell'equilibrio infranto.
Vorrebbe soffocare in un abbraccio devastante il proprio terrore.
E. lo guarda " baciami ancora" dice piano.
M. vorrebbe farlo, non desidera altro. Esita.
E. si alza sulle punte, socchiude gli occhi e posa le sue labbra morbide su quelle di M.
Lui non si sente degno ma la sente sua.
La stringe forte. Più di sempre.
La bacia. Davvero.
La respira. Affondo.
E' suo come non mai.
Si trascina su di lei.
La bacia ancora.
L'unica desiderio è raggiungerla.
Ed è un altro brivido tra le lenzuola increspate.
E. scivola via. Lo guarda e si rannicchia in un angolo del letto. Sfatto.
Il volto occultato dai capelli e l'inclemenza in fondo alla gola.