mercoledì 31 agosto 2011

Wild rover

-Tu non dici mai niente.
-Questo non vuol dire che non pensi niente.
-Brucia accidenti!
-Se facessi meno l'eroe non dovrei rammendarti ogni volta come una camicia bucata...
-Hai ragione, ma quel tale, quel Nolan...proprio non lo sopporto. Poi ti ha mancato di rispetto. Ha avuto quel che si meritava...ecco.
Ahi...
-E' una locanda e siamo a trenta passi dal porto. Ci sono anche serate così. Ma io me la so cavare.
E tu non dovresti cacciarti sempre in questi guai...
-Sì...Alla festa ci vieni con me?
-Roan Sheridan chi diavolo ti ha dato tanto ardire?
E comunque certo che no, io... io sono promessa sposa del giovane Quinlan.
E tu lo sai.
-Sì e dov'è il "giovane Quinlan" adesso?
-Nel nuovo continente a cercare fortuna.
- Vedi che è uno stolto!
-Perché dici così Roan...?
-Perché è andato nel "nuovo continente" a cercar fortuna, quando la vera fortuna l'ha lasciata qui, a ricucire le mie ferite.
-Sei proprio uno sciocco, giovane Sheridan...
Fatto.
-Niamh dimmi una cosa...
-Il mio compito è finito e non ho niente da dirti, quindi non ti dico un bel niente.
-Già, tu non dici mai niente.
-Già.
Roan?
-Sì...?
-Se anche non ti dico niente, non significa che non pensi niente.

martedì 23 agosto 2011

La verità è come un pruno.

Io non capisco niente.
In generale.
Non sono una di quelle persone a cui si chiedono chiarimenti o da cui ci si aspetti coerenza o responsabilità.
Sono un essere particolare.
Filantropa e misantropa in egual misura.
E odio questo fottuto vizio  che ho, di grattare la superficie.
Qualunque essa sia.
Che sia la crosticina di una sbucciatura sul ginocchio, la scorza dura di una persona o l'involucro di un'emozione fa lo stesso.
Io devo testarne la consistenza col polpastrello, farci leggermente pressione e cominciare con l'unghia limata dell'indice, a scoprire il punto più nascosto.
In senso lato.

Ed è per questo che non mi basta sentire un impulso, un leggero imbarazzo, un accenno di paura o un tremore del cuore.
Devo, giuro che devo, andare più a fondo, seguire il cordone, fino alla base, alla radice, a quel perché che ha dato origine al brillio dei miei occhi, o allo sbuffo sommesso.

Sono tutta una cicatrice, ricucita dopo mille e mille autopsie un po' maldestre a cui non ho potuto evitare di sottopormi.
Ma mi lascio anche vivere, per qualche secondo, e prendo gl'attimi, i flussi emotivi si adagiano sul presente che prende forma tutto intorno.
Ed è perfetto.
Bellissimo.
Da piangere.
MeStessa però torna sempre, e alla fine è con lei che devo convivere.
Torna e chiede il resoconto, il saldo emotivo, lo scontrino fiscale di quel flusso incontenuto.
Ed io non so che rispondere.
Il cuore mi salta dal petto alla gola, come fossi alla cattedra o di fronte alla corte di francia di qualche secolo fa.
Sbatto la testa.
Apro libri e cartelle.
Ci sono fogli, ci sono foto, ci sono canzoni e ricordi.
E' tutto qui, su questa incasinata scrivania di vita.
Ed è notte fonda, sento le civette ed il caffè si è freddato ed è già da rifare.
Nessuna risposta.
Nessuna pratica da consegnare.
E rimane solo questa faccia, che porta i segni della notte trascorsa.
Che sembra non voler parlar d'altro che di questa benedetta e maledetta notte.
Solo questa faccia rimane ad accogliere il giorno che viene, il sole che sorge lo stesso, incurante dei vasi di Pandora che sono stati aperti a forza.
Già.
Perché qualunque cosa accada, si fa comunque mattina.

Forse allora il bisturi non serve.
Non questa volta.
Proprio questa volta.

E la verità alla fine è come un pruno.
Se non la estrai con le pinzette, dopo poco viene fuori da sé.