sabato 27 aprile 2013

Paradosso minerale naturale

Acqua passata non macina più...
accidenti però quanta ne è scorsa sotto i ponti.
Non ci somigliamo più come una volta, o forse sì.
Come due gocce, anche se ne basta una soltanto per traboccare.
Sono diversa.
Ma anche la stessa, sempre acqua e sapone e mi sento ora come allora, un po' pesce, un po' fuor d'acqua anche se quest'acqua me la trovo sempre alla gola e allora ti penso e se per te sembrava tutto facile come bere un bicchier d'acqua io in quel bicchiere mi ci perdo, mi ci affogo di continuo.
E allora me ne sto qui, in silenzio, stando attenta a non rovinar ponti e ad attendere che le acque si calmino da sole.
Non me ne lavo certo le mani, solo attendo che le gocce scavino la pietra.
E lo fanno. E l'hanno fatto.
Eccomi qui.
Dopo mille buchi nell'acqua, dopo mille volte in cui dicevo che non avrebbe piovuto per sempre mentre continuava a diluviare sul bagnato.
Eccomi qui con questo mare che tra il dire e il fare è diventato strettissimo, asciutto, inesistente.
Rompi questo ghiaccio e portami al tuo mulino.
Di nuovo.

Posso ancora vederti

Posso ancora vederti.
In lontananza
una sagoma sbiadita ma
posso ancora vederti.

La gola si stringe in un cappio
il respiro si fa più profondo
nessun pensiero.
I miei occhi soltanto
fissi su di te
per una volta ancora.
Posso ancora vederti.

Il terrore di perderti 
non ha smesso di scorrermi 
sotto la pelle
I rivoli per le mie guance
si fanno promemoria d'ogni passo 
che mi ha portata così lontana
da te.
Posso ancora vederti.
Nonostante gli occhiali
Posso ancora vederti.

Posso ancora vederti.
Dannazione
Posso ancora vederti.

Posso ancora vederti.
Non riesco a smettere
Posso ancora vederti.

Posso ancora vederti

E aspetterò

finché tu non vedrai me


Cuor d'acqua

Sotto le foglie umide d'autunno è una sorgente in un bosco di montagna la forma del mio cuore mentre ti riscopro.

La doccia inaspettata di un temporale in pieno giorno a luglio si fa baci e non cerchiamo un portico che ci ripari.

Il fiume, quel fiume, che taglia il bosco e la valle, che passa sotto le rovine antiche di vite che furono, di sogni che erano, scorre disteso su un letto disfatto dopo la notte scorsa impetuosa.

Il velo grondante sulle pareti roccia di una grotta è il tremore sottopelle se ti accarezzo con la punta delle dita.

Respiro piano e sono oceano che ti abbraccia, e sono mare aperto per ogni tuo sogno.

Malinconia specchiata di un lago d'inverno, questi giorni a ciottoli, in una barca vuota.


martedì 23 aprile 2013

Resoconto di questi singulti di primavera

C'è qualcosa di estremamente poetico in questi giorni.
C'era ieri, nella pioggia presa sul lungarno
nell'odore di primavera schiudente,
in quel sole tiepido,
in quelle parole.
polverose e  nuove.

C'è qualcosa di estremamente poetico in questi giorni.
C'era l'altro ieri, dopo pranzo
nel sapore dolceaspro delle prime fragole,
in quel volersi bene che non è mai lo stesso
che non è mai cambiato.
in quella tradizione nuova
abitudine inconsueta.

C'è qualcosa di estremamente poetico in questi giorni
C'è stato oggi, mentre pioveva insieme al sole
nelle pieghe ruvide di una carta spessa
in quelle linee curve di emozione
in una gru piegata in fretta
che pare ferma, invece, ti sta volando verso.

Un balenìo
un istante
una parola detta a terzi.
C'è qualcosa di estremamente poetico in questi giorni

Dimmi che l'hai.

lunedì 22 aprile 2013

Al bacio

I baci hanno diversi gusti.
Seguono le stagioni, anche.
Ci sono i baci che sanno di fiore,
quelli che sanno di vaniglia,
quelli che sanno del primo mojito con la menta a modo.
Ci sono baci che sanno di gelato
anche se forse quelli al ghiacciolo sono più divertenti,
baci che sanno di sole, mare, accidenti, di sabbia.
Ci sono baci che sanno di sièfattotardi,
baci tristi, un po' salati.
Baci buffi, coi capelli in mezzo.
Baci rubati e restituiti.
Baci della buonanotte
Baci del buongiorno, inframezzati dal lenzuolo.
Ci sono baci che sanno di sorriso
e baci che sanno di rossetto.
Baci che sanno di scommessa,
baci premio.
Baci inutili e baci dismessi,
quelli che trovi a saldo in un banchino dell'usato.
Baci da mercoledì
e baci da domenica.
Baci con la nocciola.
A me le nocciole così non piacciono.
Baci speciali
o presunti tali.
Baci normali
Baci da pantalone grigio della tuta, con la felpa larga
in un abbraccio morbido, col tè sul tavolo.
Baci che mai.
Baci che sì.
Baci che ancora.
Baci che non.





domenica 21 aprile 2013

Ho perso.

Ho raccontato una storia che mi somiglia al vento che ti è passato tra i capelli.

Parlava di inciampi
Ho perso l'equilibrio.
Chissà dove l'ho messo.
Un livido.
Di qui non è passato.

Parlava di strade sbagliate.
Questo posto lo conosco.
Non so dove sia.
E finisco sempre qui.
Io mi perdo.
Sempre.

Se sei troppo lontano non ti vedo.
Se sei troppo vicino sfumi.
Ma gli occhiali?
Mi sa che li ho lasciati a casa, ti scoccia se ci facciamo un salto?
Le chiavi.

Perdo.
Tutto.

Facciamo un gioco.
Così non vale.
Hai vinto?
Ho perso?
Secondo me non valeva, poi sai come si dice...

Mi sono persa un passaggio.
Non ho capito e alla fine sono tornata a piedi.

L'unica cosa che non va persa è il tempo.
Me la sono scritta su un post-it.
Uno di quelli gialli.
Una massima che non perde colpi.

Si può toccare il cielo posando il dito in una pozza che riflette.
Che pozze sagge.

Ho perso il filo.
Ma non il senso.

L'hai preso il vento?

venerdì 19 aprile 2013

Il cuore della morte

Passo le notti sveglia nel deserto.
Dicono sia freddo, io mi sento a casa.
La sabbia resta comunque sabbia anche se mi scorre tra le dita.
Un punto fermo, in un continuo andare.

Perché.
Mi viene chiesto di continuo.
Non ho risposta.
Sono e basta.

Ricordo tutti.
Alcuni forse un po' di più.
Uno sempre.

Per sempre.

Per sempre io lo dico spesso.
Priva di quel sensodisogno che si sente nelle speranze presuntuose di eterni ed infiniti amori.
Per sempre è un sipario calato.
Il dopo i titoli di coda.
La quarta di copertina.
Il silenzio delle notti nel sahara.

Non ero giovane che fuori.
Lo ascoltavo suonare per intere ore.
Lunghe notti costellate di parole.
Carezze mancate sul filo teso di un perché mai pronunciato.
Provò a baciarmi ed io scappai
desiderando con un cuore che non sapevo fosse mio
che fosse vero quel "per sempre" che gli dissi.


Tornai alla fine,
fu lui a chiamarmi.
Nessun figlio.
Nessun amore nuovo.
Il suo sguardo fermo.
Sicuro.
Sapeva.
Quel bacio.
Il più caro in assoluto.
Preziosissimo.
Terrificante.
E poi, per sempre.

Passo le notti sveglia nel deserto.
Dicono sia freddo, io mi sento a casa.
La sabbia resta comunque sabbia anche se mi scorre tra le dita.
Ti penso ancora
e non so perché.





lunedì 15 aprile 2013

A Anonimi

-Insomma sono andata alla riunione degli anonimi.
-Brava, hai fatto bene, com'è andata?
-Bene, non ho scritto nemmeno due righe questa settimana.
-Nemmeno per sms?
-No. Non concettuali.
-Accidenti, fai progressi.
-Però è successa una cosa.
-Raccontami.
-Stavo lì, col cuore pieno di significato, poco prima che toccasse a me...
e mentre cercavo di non scrivere nulla su quel benedetto foglio che tenevo in mano, è entrato lui.
Boom. Il significato del cuore nel mio petto si è perso tutto insieme per ritrovarsi un istante dopo, quando lui mi si è seduto un po' per grazia, un po' per caso, accanto.
Sapeva di dolce, di primavera, di buono.
"Tu perché sei qui" mi chiede, con una voce che pareva una forchetta tanto era posata.
"Il rasoio concettuale... sfoltisco parole." rispondo. Lui capisce.
"Oh, un'aforista. Come sei bella" dice ed io mi faccio fragola, sorrido muta.
"Ti lascio un gelsomino, così puoi ritrovarmi. Ti prego, non ti scordar di me" dice e fugge via nel tempo di un battito di ciglia.

Il mio cuore si è fermato in un'istantanea infinita. In un sospeso di silenzio e fragore.
Rumore assordante di un pensiero.
Ma i pensieri non esistono, sono solo frutto della mente.

Poi era il mio turno.

-Non sei migliorata tanto eh...
-Eh no...
-Ma lui chi è?
-Un afiorista.

lunedì 8 aprile 2013

Se fossi nata nel 23


Avrei avuto i capelli scuri e mossi, la vita stretta e le ciglia lunghe.
Avrei lavorato fin da giovane, confezionando tailleur e pellicce per la Firenze bene.
Mi sarei cucita i vestiti da sola.
Avrei imparato a cucinare molto presto e molto bene.
Avrei portato scarpe basse ed avrei avuto una bicicletta.
Avrei letto quanto più potevo ed avrei letto per mia sorella.
Avrei scritto poesie nelle carte di caramella.
Avrei scritto senza rime.
Avrei conosciuto un ragazzo alla fermata della corriera.
L'avrei trovato bello ed oltremodo ardito.
Mi avrebbe corteggiata con galante ostinazione.
Avrei abilmente, amabilmente rifiutato.
Mi avrebbe dato un bacio prima di partire per il fronte.
Avrei atteso.
Avrebbe sperato.
Avrei spedito cento e cento e cento lettere. Tre cartoline. Un paio di fotografie.
Avrei sofferto un po' la fame.
Avrei avuto un po' paura.

Avrei.

Avrei gioito del suo ritorno.
Gli avrei tenute strette le mani sempre.
Avrei detto sì, lo voglio.
E poi due figlie, un cane e qualche gatto.

Se fossi nata nel 23, come mia nonna, adesso avrei novant'anni e ricorderei poco e niente di quel che non mi importa, vedrei le mie nipoti sempre deperite ed avrei sempre il giusto aneddoto dolceamaro da tirar fuori quando due lacrime sincere si devono versare e non si sa da dove cominciare.





























venerdì 5 aprile 2013

Otto capitoli

Capitolo uno

Bisogna prendere profondamente sul serio qualunque azione si scelga di compiere, soprattutto le cazzate.


Capitolo due

"Ah non è stasera? La prossima settimana? Perfetto, allora niente... sì sì, sì. Ciao."

Che idiota, penso, e le luci dello specchio ancora accese.
Distratta.
Così distratta che persino il tempo scivola ininfluente rispetto alle cose che ho una gran voglia di fare.
Una settimana non è infinita? Non sembra di una durata esagerata?
Infinitamente esagerata.
Certo se sei indietro con le consegne, hai tre esami da preparare e l'abbonamento alla palestra sotto due dita di polvere, probabilmente senti la domenica sera come la lama affilata della ghigliottina costruita col tuo senso di colpa.
Ma è ancora giovedì.
Esco.

Capitolo tre 

I confini del mondo stanno esattamente fin dove riesco a vedere.
C'è un "oltre" solo se lo guardo in faccia, solo se riesco a immaginarlo.
Dove arrivo esiste.
Il resto è buio.
Titoli di coda.
L'oscar va alla sceneggiatura.

Capitolo quattro

Il rumore dei pensieri.
Silenzioso e assordante.
Lo stesso rumore che fa l'attesa d'una telefonata che non ancora.
Cade proprio come la neve.
Ma più che neve è piombo.
Il rumore dei pensieri cambia a seconda di chi.
I miei pensieri parlano.
Uno più di tutti.
Quando è caduto ha pianto
ma mi ha chiesto di non dirlo.

Capitolo cinque

I pensieri quando si perdono dove vanno?
Dove vanno i sogni che muoiono.
Il cimitero dei sogni dev'essere proprio un brutto posto.
Sì, da incubo.
Risorgono i sogni?
Non sono mica gesù.
E le idee? Quelle abbandonate dove stanno?
C'è un ideotrofio? Si possono adottare?
Ognuno il suo.
L'importante è crederci.

Capitolo sei

Dagl'occhi che hai si vede anche troppo.
La prima impressione è quella che conta.
Conta che la prima volta che ti ho visto, nemmeno me la ricordo.
Ho mentito.
Dagl'occhi che hai si vede se menti a chi parli ma se menti alla base, chi vede?
L'occhio interiore ha una voce?
La senti solo se vuoi?
Vuoi?
No grazie, magari più tardi.

Capitolo sette

Ho la nausea.
Il bloody mary a stomaco vuoto non sembrava un'idea tanto pessima.
Ogni disfatta collezionata ha questa premessa.
Ho la nausea perché in questo posto fa caldo, ho bevuto veloce e mi è venuta la fitta da freddo in mezzo alla fronte.
Dietro la fronte anche peggio.
Fuori si gela.
Non sto dentro lo stesso.
Hai visto? Piove anche qui.
Faccio due passi, anche se non è maggio.

Capitolo otto

La nausea e le farfalle, prima di arrivare allo stomaco passano dagl'occhi.
Alle volte guardando la stessa cosa.
È già venerdì.

Che suono fastidioso.


lunedì 1 aprile 2013

Personenoce Personediamante

Nel mondo di maschere in cui viviamo, ho avuto modo di incontrare diversi tipi di persone.
Ci sono le personespecchio, le personefumo, le personecastagna, le personenebbia, le personecoperta, le personepesca ed altre.
Però oggi mi piace parlare delle personenoce e delle personediamante.

Le personediamante sono trasparenti.
Fredde di una bellezza antica.
Brillano di per sé.
Taglienti.
Solitarie.

Le personediamante hanno un fascino raro, qualità preziose, sono silenziose, ascoltano. Forse.
Le personediamante le metteresti su un piedistallo e ti perderesti nel tempo standole a guardare.
Le personediamante hanno sfaccettature belle da far male.
Rompono i denti dell'anima, spaccano il cuore.
Vogliono essere incastonate
ma non saranno mai tue.

Le personediamante sono trasparenti, piene di un sé che ti abbaglia.

Poi ci sono le personenoce.

Le personenoce sono a strati.
Ogni curva del guscio è un'emozione.
Non dimenticano niente.
Sanno tante cose.
Sono pazienti.
Fioriscono in primavera
e ti raggiungono a dicembre.
Sanno di casa.

Le personenoce hanno una storia per ogni cicatrice.
Le personenoce sono testarde, parlano con tutti stando chiuse in sé.
Le personenoce sono piene di schermi e se le guardi negl'occhi vuoi sapere cosa c'è dietro. Dentro.
Le personenoce magari non sono sempre originali, ma sono autentiche e se le accarezzi partendo dal bordo, se le baci ad occhi chiusi, se gli tieni la mano senza tremare, troppo, si spalancano.
E sono una meraviglia.

Le personenoce sono a strati, se arrivi al cuore te ne accorgi.

Coi diamanti ci fai i gioielli, con le noci ci fai i biscotti.

Io sono una personaffamata.