mercoledì 30 gennaio 2013

Stasera offro io


La tequila.
Sì, non è il top dell'eleganza uno shot che per berlo devi passare la lingua sulla mano.
Però è divertente.
E non è dolce.
Ed io per la gestualità, il lato fisico, ci sento.
Un bicchiere che non è né primo né ultimo, di una serata in coda ad un giorno infinito e storto.
La ragazza del bar mi conosce.
Sa che reggo il giusto e che ci vado giù peso, in certe sere.
Sa anche che torno a casa a piedi.
Glielo ripeto tutte le volte ed ogni volta mi risponde che due birre e cinque shot su un ragazzo non stanno bene, anche se riesce a non sbiascicare, io la guardo storto e lei, dopo un po', mette su quel disco che le piace che, cazzo, tutte le volte ci sta.

Ma basta.
Basta queste complicazioni.
Gli esseri umani sono un casino, anche quelli semplici, incasinano tutto.
E poi al giorno d'oggi, dopo un po' non basta più piacersi, non basta un bel paio d'occhi o di tette per qualche sera, e la sera dopo ancora uguale e da capo.

Dopo un po' vuoi che qualcuna che dorma con te, qualcuna diversa, ti somigli.
Vuoi qualcuna che sappia che non sei perfetto, che puoi fare cose belle e che se a volte sbagli,  non sei comunque da buttare.
Vuoi qualcuna che ti abbracci perché sei tu, non perché hai una camicia figa e hai fatto il galante.
Vuoi qualcuna da vivere nelle sciocchezze quotidiane, che magari ascolti un po' della musica che ascolti tu e che certe cose che ti piacciono proprio non le capisca.
Vuoi qualcuna con cui creare una routine, diversa dalla routine che hai con tutte le altre.
Insomma una tranquilla, con gli occhi che brillano di sogni, che abbia una vita sua, delle ambizioni, dei desideri e che le piaccia da morire condividerli con te.
Con me.
Una tipo lei.

- sicuro che ne vuoi un altro?

- sì, lo voglio.

sabato 26 gennaio 2013

Divano.




















È un po' come quelle sere passate sul divano.
Tra i libri, il computer, il gatto, la tv di sottofondo, gli occhiali.
Magari un caffè.

Un istante.
Un pensiero.

Appoggi il libro sul tavolino
Salvi con nome e metti in standby
Il felino segue il gomitolo tirato lungo il corridoio

- No questo film mi piace, lascialo - dice lui

Posi il telecomando, lo guardi, la luce bluastra dello schermo lo rende così incredibilmente attraente, poi lo sguardo perso in questo film tremendo che avrà visto duecento volte, guardalo, sa le battute a memoria ma sta attento come fosse la prima.

Togli gli occhiali, li accomodi sopra i libri.
Senza far rumore ti sfili la maglietta ampia, la posi accanto e ti avvicini.
Lo baci.
Lui ci mette un attimo per accorgersi che i Pearl Jam non ti stanno più addosso.
E poi.
Poi finisce come tutte le sere passate sul divano.

A meno che non sia in onda Gray's Anatomy, Sex&theCity, Dexter e Doctor Who.
Eh oh.



martedì 22 gennaio 2013

Forse. Una Storia.

Una volta conoscevo un ragazzo bello come il sole, talentuoso come un dio greco.
Per questo lo chiamerò Apollo.
Non sono Dafne, né Giacinto, né Melissa.
Sono un po' ninfa, un po' uomo, un po' donna mortale.
E nel tempo in cui tutto poteva essere, almeno un po', siamo stati anche noi.
Nelle acque fredde di un fiume antico, intingevo i pennelli in un giorno d'estate.
Un masso scaldato dal sole ospitava con grazia, me , le mie piccole tele e le mie lunghe chiome ondulate.
Fu allora che un annoiato Cupido ordì la sua trama dolceamara.
Scoccò due dardi, uno contro il verso di Zefiro.

Troppo lirica?
Non sto, sebbene sia da me, indorando la pillola...
Questa è una storia bella e triste, vera e falsa, infinitamente lontana, proprio dietro l'angolo, come una leggenda, un mito dipinto su un vaso che qualche crepa per qualcuno è segno di vecchio, per qualcun altro di fascino.

Tra la polvere di un ricordo e la nebbia appena sotto un monte che forse non era l'Olimpo, se chiudo gli occhi, sento ancora la terra umida sotto i piedi e le mani poggiate sulle cortecce ruvide degl'alberi.

Finché non lo incontrai, non feci che cantare di lui.
Dopo che l'ebbi incontrato non sopporto nemmeno la vista del suo nome scritto.

Troppo concettuale?
È sempre difficile raccontare una bugia, almeno quanto dire il vero.

Questa è una storia che non comincia, che era già iniziata, io sono arrivata dopo, almeno cinque minuti. Al solito.
Mi sono svegliata tardi, stavo facendo un sogno, sognavo proprio questo ragazzo bello come il sole, ed anche questo sogno era bello così, quindi ho ignorato la sveglia, ho affondato la testa sul cuscino quel tanto che è bastato per guardare il riflesso ambrato, tipico dei sogni belli forte, che lo stava giust'appunto illuminando...
non ce l'ho fatta a baciarlo.
Mi sono svegliata.
Per questo ho fatto tardi.
Scusate.

È per questo che non ho il colpo di scena.
Ho tante parole, un paio di canzoni, un profumo tanto vivo da far male e una serie infinita di incontri mancati, di casualità perdute, di svolte filate lisce, di bivi ad una sola uscita.

Ogni mito, ogni favola, ogni storia che valga la pena leggere, vivere, ascoltare, non è precisa, non è definita, è come sfumata, perché non parla di nessuno ma alla fine somiglia a tutti.

Così questo ragazzo bello come il sole io non l'ho mai visto, e lo conosco meglio di chiunque altra al mondo.
Come un eroe mi ha stretta tra le sue braccia e sono scivolata via perché ero già in ritardo per la fine triste di ogni amore impossibile che meriti di essere raccontato sottovoce, che meriti di rimanere protetto in un segreto infinito.

E vissero per sempre lontani e insieme, incompleti e felici come quella volta che forse non c'era mai stata.




mercoledì 2 gennaio 2013

Piscanalisillusioni




Cosa c'entra adesso la mia infanzia? È proprio una fissa di voi psicanalisti eh...
Io non ho nessun trauma, o meglio, non di quelli che pensa lei.
Ho trent’anni ed in due settimane la mia vita si è trasformata in un disastro.
No, le assicuro che questo, con i miei primi anni di vita c'entra ben poco.
Sa com’è, questa città segue un certo ritmo e non puoi perdere il battito.
Ogni azione, ogni reazione dev'essere a tempo.
Se sfori sei fuori, e non ha importanza quanto tu sia in gamba, ricca, celebre, magra, anzi, tanto peggio, più vali e più ci godono nel vederti andare a fondo.
Ora come se la stampa non bastasse ci sono tutti quei cazzo di blog.
Si rende conto? Una non può nemmeno uscire di casa senza trucco, dopo una giornata storta, che due ore dopo, dico due ore dopo si ritrova trecento foto su siti spazzatura con tanto di analisi circa la profondità delle occhiaie. No, dico, assurdo.
Sì sì lo so, non posso farmene un problema, ma infatti lo dicevo così, per farle capire, ormai è una cosa superata... 
No non ne ho molta voglia, perché insiste tanto?
Ma è sicuro che queste tecniche funzionino?
Sì?
Sì, sono là.
A nord.
A casa.
Sì, ho studiato in un collegio cattolico, un istituto molto rigido e no, non ho mai avuto nessun istinto rivoluzionario, faccio sempre il mio dovere e funziona. Le suore, le preghiere, le lingue morte... mi va tutto a genio ed i miei sono contenti.

I miei sono molto amici, o meglio, mio padre è molto amico dei nostri vicini, sì insomma vicini... diciamo confinanti ecco. Mio padre è molto amico della coppia che vive nella villa immersa nel colle accanto al nostro. Anche loro hanno dei figli, una Kat, più grande e quattro maschi, tra cui Sam. Ah, dimenticavo, loro sono atei, o eretici come dice mia madre.
Ogni Natale, quando andiamo a salutarli, mentre le nostre madri si scambiano quei sorrisi d'alta società, sì quelli che mal celano diffidenza tra i biscotti di pasticceria spacciati per fatti in casa ed i nostri padri si cimentano in sempre troppo lunghe partite al biliardo, io sto sul loro divano, ad osservare il loro albero bellissimo e ad ascoltare leggende pagane da Nate, Sam e tutti gli altri Devon. Ma perché le sto raccontando questo?

Le cose sono cambiate, quando mio padre è morto, i rapporti con i Devon si sono allentati molto, io abito lontano ma ogni tanto telefono, in casa c’è sempre la signora Devon che tra l'altro mi ha sempre dato ottimi consigli, ha un certo fiuto per gli affari ed anche in fatto di uomini... 

Ho ventiquattro anni, esco dal cancello di casa e penso che non tornerò più.

Sam. Incrociamo gli sguardi. Già non ci parliamo più. Lo vedo che si accorge che me ne sto andando.


Ho vent'anni, frequento da poco il college, tutta un'altra cosa rispetto al collegio, capisce? Siamo sul marciapiede, dopo un'asta di beneficenza... la neve, lo champagne, la confidenza... Sam mi guarda, ride, io lo bacio, quasi.
 
Lui mi dice che sono bella, bellissima, la più bella ragazza che abbia mai visto e che gli piaccio, gli piaccio da sempre ma... ed io lì mi ritraggo come un felino graffiato sul muso... non è così che mi vuole. Sorrido. Prendo un taxi. Torno a casa, faccio le valige ed il giorno dopo prendo il primo volo per venire qua.

Ho ventitré anni, indosso un vestito nero, è il funerale di mio padre. Vedo Sam ma non ci parliamo nemmeno, poi io sono fidanzata con il mio collega, Max, sono già uscite delle foto.
Ho sette anni, stiamo facendo il presepe e mio padre mi racconta una storia, una storia che parla di tutti, la storia del ritorno, che dice che uno fa tutto quello che fa per poi tornare alla partenza, guardare il piccolo sé rimasto lì e fare il punto della situazione... tirare le somme, vedere se è stato all'altezza delle premesse che portava dentro da piccolino.
Ho trent'anni e un mese.
Un Eliee Saab fatto su misura.
Dodici carati di promesse intorno al dito.
Il mondo intero col fiato sospeso.
D'accordo magari il mondo no ma un quarto tutto...
Insomma sono lì, ad una sillaba dal top e...
Il silenzio
Ecco il silenzio non esiste, è fatto di suoni piccoli, impercettibili ed un milione di leggeri sospiri all'unisono, a volte, è il silenzio più spaventoso di sempre.
Quel figlio di puttana, quello stronzo, quell'enorme testa di cazzo di vaffanculo Max sia dannato lui e tutta la sua cazzo di famiglia bigotta del cazzo che cazzo fa?
Non arriva.
N O N A R R I V A.
Arriva la sua segretaria a dire che è dispiaciuto e non verrà, mi si avvicina e mi sussurra che l'anello posso tenerlo, mia madre sgrana gli occhi, sua madre sviene, suo padre per raccoglierla cade e si spacca la testa sullo spigolo di una panca.
Una scena degna di Tarantino.
No non sorrida sa.
Lei non ha idea di cosa significhi trattenere l'inferno dentro solo perché ben strizzato in un tubino da principessa.
Per non parlare del resto.
La moglie di mio fratello, che faccia conto è esattamente il tipo di donna che ogni suocera vorrebbe come nuora,  ha quarant'anni, cucina, ha tre figli, i capelli lisci, parla poco e bene e si fa il segno della croce prima di mangiare... le piace anche che mio fratello la ammanetti all'ebano del baldacchino ma questo è un trauma di cui parleremo poi...

Ho trent'anni, un mese e due settimane ed Emma, mia cognata, m’invita a stare da loro per un po'.
Che poi "da loro" è la villetta nella tenuta dei miei.
Dico sì. Non ci ho nemmeno pensato.
Non le parlo di quelle due settimane antecedenti non perché se ne sia parlato già abbastanza ma perché, fondamentalmente, non me le ricordo, a parte che mi si è rotto il microonde e allora ho riacceso il cellulare, e la prima a chiamare è stata mia cognata.

Taxi, aeroporto, ansiolitico, aeroporto, taxi, casa.
Pago il tassista, scarico da sola la mia valigia e mentre il taxi riparte mi fermo davanti al cancello.
 
Guardo le fronde degl’alberi che seguono il tempo lento del vento del nord, i movimenti lunghi delle colline di casa, il vialetto coi sassolini, il freddo ruvido delle inferriate.
Chiudo gli occhi.
Respiro.
Riapro gli occhi su una ciocca di miei capelli e la prima cosa che penso è "cazzo che schifo di doppie punte!"

"Annie?"
Ed io penso che no, non è possibile.

Sam.

Mi sfilo gli occhiali, gli corro in contro, mi apre le braccia e gli do il bacio che dieci anni fa non gli ho dato e dura un attimo. E una vita.

Non mi dice niente, non apro bocca.
Prende la mia roba e con l'altra mano afferra la mia.
Entriamo nella sua auto e andiamo.
Io guardo fuori dal finestrino e le strade sono uguali ma anche cambiate e quel cambiamento mi fa soffocare.
Il silenzio non esiste, no?
Nessuno di noi parlava ma quei piccoli rumori che puoi sentire in un'auto ben progettata sono il più confortevole dei suoni, alle volte.
Arriviamo ad un ristorante, il ristorante italiano di quello chef famoso...come si chiama? Sì insomma mi ha capito...
E qui è buffo, ordina lui per entrambi ed io dico che voglio scegliere da sola, lui ride ed io poi ordino davvero le stesse cose.
Ridiamo tutta la cena e beviamo un rosso incredibile.
Prendiamo anche il dessert, sa da quant'è che non mangiavo un intero dessert?
Insomma finiamo ed io mi macchio col cioccolato e Sam dice al cameriere che mi deve accompagnare in auto per via del vestito e invece scappiamo.
Così.
Senza pagare.
Come gli adolescenti.
Come i cretini.

Ci crede che non mi sono sentita mai tanto in colpa quanto emozionata in tutta la vita?
Nemmeno quando presi le mie statuette.

Lui è single, fa l'architetto, ha Chris un figlio di otto anni, orfano di madre grazie a quel brutto incidente aereo di otto anni fa appunto, ed io, ed io...
Ed io lo amo.


Ecco, adesso la prego, se è un altro di quei giochetti del subconscio con l'ipnosi, dato quanto la pago, non mi svegli.