domenica 21 ottobre 2012

Dunque sono un' Isiota


Settimana ipertesa nei primi giorni, più distesa nel fine settimana.
Domenica lenta e dolorosa.
Nonché noiosa.
Odiosa.
Ansiosa.
Solita.

Il resoconto di questa settimana di lezioni era pieno di entusiasmo finché non mi sono approcciata ai compiti per casa. Ma non siamo ancora a niente.

Ad ogni modo è tutto molto.
Bello.
Difficile.
Intenso.
Duro.
Adulto.
Responsabile.
Creativo.
Regolamentato.
Sregolato.
Nonstoparlandodiunamplessoamoroso.
Ma quasi.

Questo è il mio primo tentativo di Kirigami.
Era bellino, poi l'ho portato a far vedere alla mia nonna ed anche lei l'ha trovato grazioso.
Poi è rimasto sul tavolo e lei per sbaglio l'ha messo in frigo quindi si è tutto inumidito e alla fine è morto.



sabato 13 ottobre 2012

Promemoria per le persone importanti

Credo che sia importante ricordare alle persone che abbiamo attorno, che valore abbiano per noi.
Non importa come, una parola, un gesto, un messaggio su un post-it.
Così, senza un apparente motivo, se non quello di tener vivo il senso di un legame.

Personalmente, scelgo piccoli oggetti simbolici:
un fiore di stagione, una matita, una frase di una poesia.
Piccole cose da tenere in borsa, nel portafogli, nell'agenda e che ricordino un messaggio, un pensiero.

Un dildo spinato, in questo caso, da tenere proprio dove immagini.

venerdì 12 ottobre 2012

Track 03

Ecco e poi te ne vieni fuori con una canzone così.
Sai è stata una giornata difficile, una settimana difficile, una vita. Difficile.
Non sono adatto a certi ritmi.
Sono stanco. Un po'.
Sì lo so, "un po'" è come "abbastanza"... fa schifo.
È che ancora non ho capito bene cosa siamo, cosa sei.
Se sei il colpo di fortuna o l'emblema del mio rincoglionimento.
Forse entrambe le cose. Al solito.
Ecco poi sorridi così e non me ne frega niente della risposta, perché la so.
Sei un Single Malt.
Ti fa schifo? È normale, sei ancora nel tempo della rossa alla spina.
Io? Io pure ma so apprezzare anche il resto... però non so se mi piace davvero il whisky, era più una metafora, un concetto...
Usciamo stasera, conosco un posto.
Ma vieni vestita così?
No, sei bellissima, mi è venuta una sincope, tutto qui...
Ti ricordi la prima volta che siamo usciti? Avevi i capelli così.
Non che di solito ci faccia caso ma ricordo che ti guardavo un punto nei capelli per non dare troppo l'impressione di fissarti, che idiota, e tu che mi guardavi e dicevi "sì lo so, sono spettinata ma non ho avuto tempo"... no non volevo dire questo, stai benissimo... volevo dire che ti ho sempre visto bella.
Bellissima.

E sì, baci bene, molto.

Ma lo spegniamo questo stereo? Che quando è uscita questa canzone io c'ero, avevo la cassetta.
Pardon, I pod.


sabato 6 ottobre 2012

Tutorial di sopravvivenza per Lui: Come evitare che Lei si arrabbi in 3 mosse

Oggi girellavo in cerca di una meta, in cerca di ispirazione, sono entrata in un negozio del centro, uno dei soliti, uno di quelli in cui i vestiti sono fatti per stare sui manichini, non sulle persone, ma alla fine ai manichini stanno benissimo e l'insalata fa bene a tutti, se non ci sono le zucchine ovviamente.
Insomma mentre osservavo adorante l'ennesimo golfino grigio che avrei acquistato poco dopo, una giovane coppia festeggiava i propri cinque mesi di relazione con una giornata di shopping e litigio.

Lei teneva in mano dei jeans microscopici e gli diceva che non era possibile che in cinque mesi lui con i propri amici facesse l'alba e con lei le serate finissero a mezzanotte sul divano.
Lui replicava attaccando la frivolezza delle richieste di lei argomentando che una cena fuori non fosse nemmeno lontanamente paragonabile al romanticismo che lui le dimostrasse addormentandosi cingendola, sul divano di cui sopra.

Io li ascoltavo come fanno le vecchie del clan della vena varicosa, sì le anziane di paese abilissime nel fingere di fare qualunque cosa mentre carpiscono informazioni da riferire, in via del tutto confidenziale, alle altre allegre comari.
E la cosa mi faceva ridere, non la parte della vecchia tra i golfini grigi, mi faceva ridere che quel tipo di bisticcio l'avessi fatto anche io mille volte, senza trovarne mai la soluzione, finché serviva.

Una caratteristica che ho riscontrato grazie al mio spionaggio da comare, è che la gran parte delle ragazze tenda a legittimare qualunque, seppur irragionevole, proprio desiderio o apparentemente fondamentale necessità senza lasciare al partner il tempo necessario per reperire una risposta adeguata che possa soddisfare ogni possibile sfumatura emotiva della richiesta della propria dolce metà.
Ma non è soltanto una questione di tempo, perché seppur minima, una percentuale di fidanzati particolarmente acuti e scaltri riuscirebbe a trovare le parole giuste in quei tredici secondi in cui lei passa da dolce-principessa a erinni imbufalita; approssimando una stima: lo 0.8% riuscirebbe ad evitare il linciaggio (dati approssimati per eccesso).
La soluzione del problema è, in realtà, già in possesso del partner coi secondi contati.
Tutto sta nella comunicazione indiretta, strategia parzialmente involontaria tipica della maggior parte delle donne prese in esame.
Appare semplice ma, ovviamente, la faccenda è un po' più complessa.
Se la domanda che sorge spontanea è "perché non parlare chiaro subito?" già la partenza è errata.
Limitiamoci per ora ad analizzare i fatti, per l'origine del mito c'è tutto il tempo.
Per la gran parte delle donne, tutto ciò che riguarda l'esigenza emotivo-sentimentale appare chiarissimo e ben fornito di dettagli fin dalla più insospettabile tenera età.
Da che giochi potrebbero farsi con la Barbie desiderata a come potrebbe essere il primo bacio, il primo "ti amo", il primo anello eccetera... il tutto con una svariata gamma di opzioni.
Quindi, trovandosi all'interno di un binomio amoroso, una donna ha già immaginato le situazioni e sensazioni che le darebbero appagamento, e perché l'ago della bilancia punti verso la felicità, occorre solo che la realtà immaginata corrisponda a quella effettiva, che le due realtà non siano parallele ma coincidenti. Niente di più e niente di meno.
La donna non rivelerà mai direttamente, esplicitamente o spontaneamente le chiavi della propria felicità. Lo farà con aria distratta, quando il partner meno se lo aspetta, magari una sera, a casa di lei, mentre lui le raccomoda il lettore dvd che si inceppa sempre, lei, tranquilla, se ne uscirà dicendo:
"vuoi gli spaghetti o le penne? Questo pesto a Parigi sarebbe più pinoloso. Per secondo prosciutto e melone eh, che sono a dieta"
Potranno passare mesi, anni in certi casi e se un paio di frasi velate non verranno recepite, arriverà il momento, durante un litigio, indipendentemente dalla causa scatenante dell'alterco, in cui lei dirà "e poi non mi hai mai portato a Parigi! E' sempre stato il mio sogno e tu l'hai sempre saputo!!! Ma non ti importa!!! Non mi dai attenzioni! Mi trascuri!!Non mi ami!" E mentre lei continuerà l'arringa, presa dalla tristezza, dallo sconforto, dal disappunto, lui sarà lì che prima di rispondere a tono si chiederà "ma quando mai è successo???".
Da lì il degenerare delle cose, e un desiderio nato come cornice romantica ad un amore spontaneo diventa motivo di spargimento di sangue, amore rinnegato e maledizione verso la stagione dell'incontro tra i due amanti.
Sarebbe più semplice fare un elenco? Beh sì, ma è una condizione che si verifica raramente e in coppie molto ben organizzate, caratteristica naturale e difficilmente imponibile, nonché rarissima.
La gran parte delle donne non è nemmeno del tutto consapevole di tutto ciò che desideri dal proprio uomo se non nel momento in cui lui non manchi di qualcosa.
E quelle che ne sono invece consapevoli si dividono a loro volta in un'altra sottocategoria: coloro che, orgogliose della propria consapevolezza comunicano con semplicità i sine-qua-non (vedi donne da coppia ben organizzata) e coloro che, anche se magari vorrebbero, non possono, proprio non possono essere dirette. Non possono essere dirette perché questo elenco puntato che si portano dentro, a loro, appare chiarissimo, ovvio, palese, tanto chiaro che solo un demente non riuscirebbe a riscriverlo nel dettaglio, e poi, fondamentale, perché esplicitare i propri romantici, sciocchi, superflui, anche assurdi dettagli ucciderebbe definitivamente la spontaneità.
"Se te lo dico poi non vale più".
 Dunque, la difficoltà più diffusa riscontrata dai maschi è quella di reperire le informazioni necessarie per rendere felice la propria donna, farla ragionare sul fatto che non tutte le esigenze manifestate dalla dolce metà siano poi così fondamentali è un desiderio legittimo che però necessita di un'altra parentesi: è necessario spezzare una lancia in favore di queste fidanzate.
Non lo faccio nemmeno troppo volentieri ma è un dato fondamentale di cui è impossibile e irragionevole non tener conto: il background.
Sembrerà sciocco, frivolo, superficiale, ma a partire dai cartoni Disney per poi finire a situazioni alla GossipGirl, l'immaginazione femminile subisce un'influenza devastante per cui è quasi impossibile che una ragazza cresciuta tra storie monogame infinite dei nonni e Sailor Moon, riesca a scavare con chirurgica lucidità dentro di sé e che riesca a recidere il vero innecessario bagaglio superfluo.
Sicuramente lei riconoscerà il valore basilare delle piccole cose e le amerà, ma, seppur in minima percentuale, desidererà quell'elemento sorpresa-amoreterno.
Ergo, l'unica soluzione possibile è armarsi di santa pazienza e ascoltare.
Ascoltare e registrare perché ogni informazione potrà rivelarsi "fondamentale" e soprattutto potrebbe essere nascosta tra le righe della più insospettabile conversazione.
Guardare i film e le serie e dare un'occhiata ai libri della propria dolce metà si rivela sempre utile.
Naturalmente, i risultati si noteranno dopo qualche settimana dalla prima applicazione del metodo, consigliato ad uso giornaliero, nell'attesa che la pazienza dia i suoi frutti, scuse sentite e tutto ciò che la lei in questione ritenga una carineria sono molto utili al fine di evitare il punto di non ritorno, quel punto nel quale lei incalza insopportabilmente sulle mancanze del partner che non ha scampo: quando lei si sdegna non esiste più una risposta giusta ed una errata.
C'è solo "perdonami per non averti capita" fondamentale la presa di coscienza col "per" da non sbagliare mai col discolpante "se non".
Se superati i limiti massimi di sopportazione è accettabile anche un "vaffanculo" a scopo ridimensionante a patto che non sia stato preceduto da un "stai calma" "devi calmarti" "calmati" "devi stare calma" "se ti arrabbi ti vengono le rughe".
L'intensità del bisticcio è direttamente proporzionale all'interesse per il partner, è una dimostrazione d'affetto in un certo senso. Per quante cose terribili lei possa dire, per quanto sia credibile mentre le dice, vorrebbe solo che il partner capisse, è sconcertata dal fatto che ancora lui non abbia compreso, e sebbene lo negherà con tutte le proprie forze, è il momento in cui vorrebbe un soffocante comprensivo e romantico abbraccio.
"Ascoltare-Ricordare-Agire"
Questo è un metodo che aumenta esponenzialmente la percentuale degli scampati al linciaggio di cui sopra: dallo 0.8% dei rapidissimi si passa al 96.5% dei metodici.
Nel caso opposto il problema viene raramente percepito, nel caso, una maggiore attenzione a gli interessi del partner è unanoiamortale ma dà sempre risultati eccellenti.

Lei sicuramente avrà sbuffato quella sera che la sua amica dava una festa e loro non sono andati perché lui era stanco, e quell'altra sera che c'erano i negozi aperti ma c'era anche la partita.
E se lui l'avesse ascoltata, senza giudicare il perché o il percome, ora non dovrebbe tirare fuori la visa per rabbonirla. Funziona anche quella ma più raramente e in extremis.

Detto questo, i concetti sempreverdi sono giustissimi e da tenere a mente, quindi sì è tutto un compromesso, la compatibilità è fondamentale, la diversità è fondamentale, litigare serve a conoscersi -e a fare pace-, ognuno è un'eccezione, siamo tutti diversi, siamo tutti uguali, il ciclo, gli ormoni, i propri spazi eccetera...

Io sono per la relazione vittoriana un po' riadattata, il duello mentale austeniano, le favole e le poesie da scambiarsi, le passeggiate, i pianti, il sesso intenso, la vita sociale da inventare, l'intimità profonda, cucino io, il letto lo fa lui, ogni tanto il giapponese, il cinema, forse il mc, cerco quello stabile ma matto, paziente ma fino a un certo punto, in pratica che abbia la mia stessa sfumatura psicopatica, o una simile e poi sì il dvd e il divano.

"Pesto a Parigi. Amore che ne pensi? Potrei chiamarlo così il mio libro..."





giovedì 4 ottobre 2012

GudSophia



Siamo nell'era in cui l'apparire conta più dell'essere?
Forse siamo nell'era in cui ci sono molte possibilità di apparire. Molte più di sempre.
Quindi una grossa parte del nostro formarci riguarda anche cosa poi appaia, che idea di noi si dia al mondo esterno.
Uno di quegl'argomenti spinosi, che se dici che ti importa vieni linciato dalla massa che ti lincia anche se dici che non te ne importa, tanto non ti crede nessuno.

De gustibus non est disputandum, non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace.

Ma cos'è bello?
A darci varie versioni e suddivisioni di questo concetto ci hanno pensato in molti, da Platone a Kant, da  Da Vinci a Jobs, ed io non credo di aver ancora pronta la mia teoria sviluppata in merito.
Oggi però sono stata a sentire Givone che ne parlava e mi è proprio piaciuto.
Il ragionamento filosofico cattura bene la mia attenzione e l'argomento trattato anche, quindi ho trascorso due ore immersa nel mio ideale godimento intellettuale.
Ho saltato il dibattito col pubblico sennò la Marti perdeva la sita, ma non sembrava all'altezza della lezione, i soliti saccenti che sanno due definizioni e pensano sia tutto lì.
La Marti mi ha tenuto la mano per quasi tutta la conferenza.
Troppo coinvolgente per abbracciare un bracciolo imbottito.

Givone ha parlato molto bene, il signore seduto di fronte a noi mi ha chiesto se il macellaio che sta accanto alla mia casa in campagna faccia davvero le più buone salsicce del chianti e io gli ho detto che è vero e che fa anche una mousse al lardo di colonnata da urlo e che sono i motivi per i quali ogni settembre, da bambina, facevo ritorno a Firenze rotolando.

Si è discusso su cosa sia la bellezza, l'ontologia di essa ecco e superando la sezione della relatività e del belloperantonomasia , il professore ha detto delle cose che, curiosamente , per me sono ciò che penso dell'amore.

Ora.
Parlare d'amore è la cosa più noiosa del mondo.
Però è anche la più bella.
Dipende come se ne parla, certo, poi c'è tutta quest'ansia che non puoi dire questa parola sennò vuol dire che vuoi accasarti e allora è un taboo come negl'anni quaranta parlare di ateismo o sesso orale.
Quando conosco qualcuno non mi interessa sapere quanti album su facebook abbia dedicato alle sue donne, non mi interessano i nomignoli cretini che poi giustamente ci si vergogna a ripetere, però mi interessa com'è che qualcuno diverso da me si innamori, com'è che ami, cosa sia o sia stato per lui  l'amore.
Questo sì mi interessa.
Mi interessa come mi interessano le cose che entusiasmano le persone che ho intorno, dalla scultura alla storia della matematica, mi interessa ciò che chi amo definise bello.
Amore e bellezza per me sono due concetti simili.
Se per bellezza si intende un vettore.
Hai davanti un luogo, un monumento, un paio d'occhi e capisci, e senti che non sono un luogo, un monumento o due occhi, sono una manifestazione di una casualità infinita che ti spiazza, sono una domanda, una domanda di fronte alla quale l'unica risposta possibile è sì.

Poi c'è Megan Fox.
Ma questo è un altro discorso.

Però alla fine è questo che voglio per me, nella vita e nell'amore.
E' questo il senso di condivisione della vita, è questa la "scintilla", la base, i lepidotteri nell'apparato digerente. E' sentire bello qualcuno e desiderare di essere altrettanto bella per.
Bello secondo caratteristiche casuali che corrispondono ai propri personali canoni.
E' tutti lì, racchiuso in quei momenti nei quali si ha l'impressione che tutto si trovi al posto giusto, nel giusto momento, quella sensazione che ti dice che tutto va bene, tutto è come deve essere e non importa chi abbia deciso come debba essere, semplicemente i fatti corrispondono alla realtà che il tuo io desidera. (avevo scritto cuore ma m'è venuto un conato quindi ho messo "io")

Alla fine è complesso e semplicissimo.
Elementare Watson. Elementare.
Un gioco.
Un gioco tra immaginazione e intelletto.
Un gioco libero.
Un gioco per caso.
Un gioco ordinato da regole autogenerate.
La scoperta riscoperta della natura, della propria natura.
Il riconoscersi in qualcosa al di fuori di noi che è così simile e presente anche dentro di noi.
E scoprirne il senso di verità, di bene, di bello.
Una scoperta che mette in gioco le persone per ciò che sono.

Sragiono forse, un mix tra enfasi intellettuale e assenza di cibo definibile tale (sì roba da canoni di bellezza imposti dalla società che blàblà il male del mondo blàblà JillCooper eccetera)

Insomma un gioco.
Buffo come la parola "gioco" stia in un'espressione quale "mettersi in gioco", un gioco uno lo scambia sempre per uno scherzo ma mettersi in gioco significa starci dentro sul serio.
E forse è proprio questo il senso, cogli la bellezza vera quando ritrovi il ritmo del mondo, quando ritrovi il senso infantile dell'esistenza.
Tutto è un gioco quindi.
Un bellissimo, un serissimo gioco.
Un gioco serio come seri sono i giochi dei bimbi che passano i pomeriggi giocando al "facciamo finta che siamo", la realtà immaginata, nella più totale libertà, si ritrova nel mondo reale ed è perfetta.
Alla fine i bimbi hanno sempre tutte le risposte in tasca, insieme alle figurine e le palline che rimbalzano.

"Per me sei la più bella del mondo"

Me lo disse il mio piccolo cuginetto in un giorno triste mentre gli facevo da babysitter.
Ha funzionato meglio delle rose.

Nero.
Titoli di coda.

Dopo abbiamo giocato coi gormiti, ho vinto io, lui si è arrabbiato e me li ha tirati dietro, ma non era d'effetto finire il post con questa parte della storia, ho tagliato prima.